Annozero, crisi di regime: siamo tutti nella monnezza?

La crisi della politica la fa da padrona nella puntata più recente di Annozero, un cadavere in putrefazione i cui miasmi fanno il paio con quelli provenienti dai siti napoletani. Come è nel suo stile l’incipit di Michele Santoro parte alla lontana per poi arrivare diritto al punto, il sassolino nella scarpa tramutatosi in macigno viene tolto in un proverbiale gesto liberatorio. Il giornalista si rivolge al presidente Rai Paolo Garimberti, quando il suo obiettivo resta comunque il dg Mauro Masi che le ultime danno in via di destituzione, colui che dopo il “vaffan..bicchiere” ha deciso di inviare a Santoro una lettera di richiamo in attesa di ulteriori provvedimenti disciplinari (ma ci saranno davvero?).

E’ il pubblico il vero giudice del piccolo schermo, colui in grado di sancire successi, di fare il pollice verso chiudendo ogni discussione. Qualcuno ai piani alti della Rai pare non averlo ancora capito. Ringhia Santoro: in un ipotetico TG Zero, condotto dalla bella e brava Monica Giandotti viene fuori come colui che dovrebbe vegliare con imparzialità sulle comunicazioni, Antonio Martusciello commissario Agcom, succeduto allo sventurato Giancarlo Innocenzi reo di incapacità nel “far fuori” Annozero al momento opportuno, non è altro che un fedelissimo di Silvio Berlusconi, alla faccia di quella “indipendenza e autonomia” di cui dà sfoggio l’Autorità sul proprio sito.

Sky digital key: la Rai si ribella

 La questione digital key torna ad arroventare il clima già agitato tra Sky e i diretti concorrenti Rai e Mediaset. E’ di queste ore la notizia che la Direzione Generale di Viale Mazzini, agirà in giudizio contro Sky proprio per la nota vicenda della “chiavetta” su incarico specifico del direttore, affidato alla Direzioni Affari Legali e Societari che sarà affiancata da un prestigioso professionista del settore. Così mentre il colosso satellitare prepara l’ennesima iniziativa finalizzata alla conquista di nuovi abbonati con la messa in onda il prossimo 3 ottobre della prima trasmissione italiana in 3D, riaffiorano i dissapori tra aziende televisive già sorti circa un anno fa quando Sky annunciò l’arrivo di questo escamotage tecnico che consente la visione dei canali sul digitale terrestre in chiaro direttamente attraverso il decoder satellitare. La digital key, per funzionare, deve essere inserita nel decoder Sky, purché sia ad alta definizione (Sky HD e MySky HD), oppure a definizione standard ma di tipo MySky, unici modelli ad avere la porta USB dove collegare la “chiavetta“.

Nel novembre scorso Mediaset presenta un esposto all’Autorità Antitrust in relazione alla digital key perché contraria alla normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza mentre la Rai nella persona del dg Mauro Masi sul punto di non rinnovare, come poi avviene, il contratto con il marchio del gruppo New Corp apprende con malcelato disappunto l’annuncio che presto sarebbe stato adottato l’ingegnoso sistema. “Non vi è, né vi può essere, alcuna relazione tra la scelta industriale e strategica dell’azienda di non rinnovare il contratto con Sky e la possibilità che quest’ultima consenta, con le modalità presentate, la visione del digitale terrestre“. Dichiara a suo tempo il dg Masi, il quale però qualche mese più tardi dimostra d’essersela legata al dito.

Rai: di tutto e il contrario di tutto?

 Lo confessiamo, le parole pronunciate di recente da Antonio Marano durante la 62/ma edizione del Prix Italia di Torino, ci hanno fatto sorridere, non per un insano gesto irrispettoso ma perché nel tentativo di esaltare il valore dell’azienda di cui è dirigente insieme ad altri, il vicedirettore generale Rai non ha fatto altro che denunciarne i limiti, quelli noti a tutti da decenni. Dice Marano:“La Rai potrebbe essere tecnicamente molto più aggressiva e molto più competitiva se avessimo maggiori spazi di libertà”. Cosa vieta a quella che una volta era la maggiore società radiotelevisiva del Paese di rinnovarsi? Una struttura pachidermica e costantemente sottoposta all’autorità politica, che unita a logiche commerciali dissennate per un servizio pubblico non permettono come vorrebbe Marano di:“cambiare prospettiva considerando finalmente anche i mercati esteri, tra le mete di approdo dei suoi prodotti, in particolare delle fiction”.

Quanto all’informazione viene detto che:“non si vuole lasciare a casa nessuno, ma se pensiamo che le all news sia l’obiettivo a cui puntare, togliamoci da quelle piccole difese che non sono local ma da sottoscala”. Una Rai meno provinciale quindi, ma riguardo certi tg di cose da dire ce ne sarebbero, mentre Marano preferisce soffermarsi su un ipotetico quanto improbabile rafforzamento di Rainews, per il resto: “Non prevediamo cambiamenti sui tg delle tv ammiraglie i tg principali vanno tutelati, ma certo, non è detto che l’all news in futuro non abbia una capacità propria di essere competitiva in tutte le fasce”. Peccato che il principale presidio d’informazione della Rai, Rainews appunto, attenda da mesi la nomina di un nuovo direttore o la conferma dell’attuale Corradino Mineo mentre di recente l’assemblea dei giornalisti abbia auspicato che “L’impegno preso dal Direttore generale della Rai Mauro Masi davanti alla Commissione parlamentare di Vigilanza a una ‘forte valorizzazione’ di Rainews si debba tradurre al più presto da parole in fatti”.

Rai, no al pubblico attivo nei talk politici. La linea Masi non passa al CdA

Nei programmi d’approfondimento politico della Rai non è consentito l’utilizzo del pubblico presente in sale come “parte attiva”: questo è ciò che stabilisce una circolare che il direttore generale della Rai Mauro Masi ha inviato ai direttori di rete e di testata.

La circolare (che potete leggere integralmente su Ilsalvagente.it) ricorda anche che le trasmissioni devono corrispondere integralmente alle schede che contengono i dati e le informazioni editoriali che sono state sottoposte all’approvazione della direzione generali, pena la sospensione del programma.

Il Cda Rai ieri ha approvato all’unanimità una delibera in cui dà mandato a Masi di garantire nel settore dell’informazione il rispetto della normativa vigente su pluralismo, contraddittorio e completezza dell’informazione. Di fatto una simile delibera sarebbe molto più generica di ciò che ha chiesto il direttore generale della Rai e tutela l’autonomia dei direttori di rete e dei conduttori del programma.

Mauro Masi parla di Annozero, Serena Dandini, Sky, il Festival di Sanremo 2011 e il Tg1

Ieri Mauro Masi a Cortinaincontra è stato intervistato da Giovanni Minoli: il direttore generale della Rai ha parlato di numerosi argomenti tra i quali Sanremo, Annozero, Serena Dandini, il Tg1 e il rapporto Sky-Rai (fonte Apcom).

Annozero
La stima per la persona e per il professionista è fuori discussione, Ma è un caso molto specifico e peculiare, il suo rapporto con l’azienda è determinato da una doppia sentenza del giudice del lavoro che fissa anche gli orari per andare in onda. La sentenza dice che Santoro deve fare un programma, non quale programma. Ci vedremo nei prossimi giorni. Ho firmato le carte che servono per avere un incontro costruttivo (che si terrà domani N.D.R.)

Serena Dandini
Ci siamo incontrati, io ero perplesso sul programma ma lei mi ha convinto che farà un programma un po’ diverso, sempre quattro serate a settimana.

Rai, niente talk per raccontare la situazione tra Berlusconi e Fini

La Rai parlerà dello strappo tra il premier Silvio Berlusconi e il presidente della camera Gianfranco Fini, ma senza riaprire i talk show. In una nota della Rai si legge che da un incontro tra il direttore generale della Rai Mauro Masi e i direttori di tutte le testate giornalistiche (fonte Reuters):

E’ emersa la volontà e la concreta possibilità di tutte le testate di gestire nei propri rispettivi ambiti di competenza gli approfondimenti di informazione che la situazione politica richiede.

Nel comunicato si aggiunge:

I direttori delle testate potranno chiedere ampliamenti degli spazi previsti e, ove ritenuto necessario, anche variazioni di orario nei palinsesti. Le richieste di approfondimento verranno presentate a partire da oggi stesso alla vicedirezione generale per il coordinamento dell’offerta radiotelevisiva che le sottoporrà con le proprie valutazioni al direttore generale. Questa soluzione, oltre ad essere coerente con specifici precedenti analoghi, permette di garantire il pluralismo e il dovuto equilibrio informativo del gestore del servizio pubblico radiotelevisivo.

Michele Santoro torna il 23 settembre, confermato Parla con me dopo l’estate

Michele Santoro tornerà in onda dal 23 settembre su Raidue: il via libera è arrivato dal Cda della Rai ieri che ha inserito un generico spazio Santoro nella casella del giovedì sera.

Da cosa sarà occupato il suo spazio è ancora un mistero: logica vuole che, con poco tempo a disposizione da qui a settembre, venga riproposto Annozero, ma c’è chi sostiene che non c’è scritto da nessuna parte che il programma debba essere proprio il classico appuntamento d’approfondimento.

Michele Santoro all’Apcom ha detto:

Annozero, è l’ora dell’addio?

Michele Santoro può, anzi deve lavorare per la Rai, perché siamo obbligati da una sentenza. Ma vogliamo un programma diverso da Annozero, meno fazioso, più terzo. Toglierei i monologhi di Travaglio, non possiamo ascoltarli senza contraddittorio. Non possiamo pretendere che faccia un contenitore di musica, perché il giudice che lo ha reintegrato specifica che deve occuparsi di informazione e approfondimento lui deve andare in prima serata, ma non possiamo esporre l’azienda a ricorsi e denunce“. Le parole sono di Antonio Verro consigliere di amministrazione Rai in quota al Pdl, che su Il Fatto Quotidiano punta il dito contro la trasmissione di Michele Santoro confermando la sensazione di molti che si sia giunti ormai alla resa dei conti e che per Annozero sia stato intonato il “de profundis”.

In un panorama televisivo volto all’uniformità e alla “normalizzazione”, termine che non prelude a niente di buono, in vista della nuova stagione autunnale con palinsesti pressoché inalterati, Annozero avrebbe rappresentato anche quest’anno l’ennesimo punto di rottura, elemento inconcepibile per molti, anche per un’azienda come la Rai in grande affanno e bisognosa di programmi portatori di audience e quindi risorse pubblicitarie. Dati alla mano la trasmissione di Raidue è stata fiore all’occhiello della Rete con punte superiori ai 5 milioni di telespettatori, un merito che non servirà a tenerla in vita.

Rai ai privati, soluzione possibile?

 Duole dover tornare sui soliti argomenti, ancor di più se l’oggetto della disquisizione è la tv di Stato dove a quanto pare sono saltati tutti gli schemi e la logica aziendale appare quantomeno discutibile. I segnali che giungono dal fronte sindacale sono tutt’altro che rassicuranti. Il prossimo 19 luglio la Slc Cgil ha proclamato uno sciopero:“contro un piano industriale che colpisce e mortifica solo ed esclusivamente i lavoratori, senza porre un freno a sprechi e nomine inutili, contro i tagli indiscriminati, le esternalizzazioni e le svendite del patrimonio. La Rai, spiega la Slc, ha presentato alle organizzazioni sindacali una proposta di conciliazione irricevibile, priva di punti fermi e di impegni concreti da parte dell’Azienda ad interrompere l’attuazione unilaterale del piano industriale“.

Stanno massacrando la Rai“. Ha dichiarato di recente Pierluigi Bersani, nel presentare una proposta di legge del Pd per la riforma del servizi pubblico radiotelevisivo.”Siamo ad una situazione veramente critica per ciò che riguarda il pluralismo e la prospettiva industriale“, ha aggiunto il segretario del Pd. Pare proprio che i buoni propositi enunciati dal direttore generale non abbiano convinto nessuno, di recente Mauro Masi ha affermato che:”il Piano industriale 2010-2012 predisposto è in grado di portare al sostanziale pareggio a fine 2012, equilibrio realizzato con forze Rai, senza interventi sul canone. Nel triennio, ha spiegato Masi, 100 milioni di euro saranno ricavati attraverso le modifiche al modello pubblicitario, quindi gli altri 100 dalla riduzione costi e dall’incremento dei ricavi (questi nella misura prevedibile di 32 milioni di euro l’anno).“Questo è un Piano industriale perfettamente gestibile da un’azienda come la Rai che ha un grande volume d’affari”.

Rai: Mineo fuori da RaiNews, Gorla vuole negoziare con Santoro, Susanna Petruni sostituta di Liofredi su Raidue?

 Intervistato da Klaus Davi, conduttore di Klauscondicio su Youtube, Alessio Gorla, consigliere d’amministrazione della Rai, ha rivelato che il direttore generale Masi, è sicuro di poter negoziare un addio consensuale di Michele Santoro, rilegandolo a consulente esterno di futuri programmi d’approfondimento politico (Fonte Adnkronos)

Sinceramente non so come stanno esattamente le cose e a che punto e’ la trattativa. Il direttore generale e’ convinto di poter negoziare con Santoro una soluzione consensuale del rapporto, che puo’ voler dire che rimane in Rai non facendo piu’ Anno Zero o che esce dalla Rai per fare altre cose con un contratto di consulenza. Ho visto che nel palinsesto e’ stato indicato che X Factor va in onda il giovedi’. Proprio il giorno in cui c’era Anno Zero.

Parla con me rischia il ridimensionamento?

Se su Raidue tiene banco il caso Santoro, su Raitre esplode quello riguardante Parla con me: a quanto pare il direttore generale della Rai Mauro Masi vorrebbe ridurre le puntate settimanali del programma di Serena Dandini da quattro (martedì, mercoledì, giovedì e venerdì) a … una! (fonte Repubblica.it).

I motivi del ridimensionamento ovviamente non hanno nulla a che vedere con gli indici d’ascolto del programma che sfiora il 10% in seconda serata, ma con la sua caratterizzazione troppo politica, come ha ricordato il 7 maggio il presidente del consiglio Silvio Berlusconi (“Una trasmissione pagata con i soldi pubblicci che si diletta ad avere come unico bersaglio il governo“)

Sky sul dtt, l’ambasciatore italiano all’Ue dice no

 La telenovela Sky sul dtt, si, no, forse si arricchisce di una nuova appassionante puntata, l’ennesima di una lunga serie, potete esserne certi. La storia sta assumendo i contorni di una caccia alla volpe, dove il cacciatore (Silvio) circondato dai suoi “cani” (non ce ne vogliano i ministri, l’accostamento è dovuto esclusivamente alla metafora in corso) sta facendo di tutto per fare lo sgambetto all’agile animaletto (Sky) intenzionato più che mai a trasformarsi da preda in predatore. A sbarrargli la strada nientemeno che l’ambasciatore italiano presso l’Unione Europea, Ferdinando Nelli Feroci.

L’antefatto: la scorsa settimana vi avevamo messi al corrente delle velleità di Sky, più che mai intenzionata a liberarsi dell’orpello legale che le impedisce di scendere dal satellite prima del 2012, al momento attraverso il grimaldello Cielo sulle frequenze del Gruppo Espresso, il marchio del tycoon australiano Rupert Murdoch, ha già avuto modo di far saggiare sul dtt la bontà della programmazione Sky, ma l’obiettivo a cui punta è ben più consistente, un multiplex tutto suo dove proporre programmi anche a pagamento (dal 2012 però), opportunità che l’Ue, a cui il marchio satellitare si è rivolta per avere il nulla osta, sarebbe disposta a concedere.

Il destino della tv, cambiare tutto per non cambiare niente?

 Dice bene Umberto Brindani sulle pagine di Tv Oggi giornale che dirige, quando afferma a proposito di Raiperunanotte: “Per la prima volta una trasmissione vietata dalla Rai è andata in onda lo stesso, non sulle reti Rai però. E al di là delle solite polemiche riguardo ai numeri, con ottimi ascolti. L’hanno vista sul Web, sui telefonini, sulle tv locali, sui canali satellitari…non c’è dubbio che è stata una specie di rivoluzione. Un po’ come fare tv senza tv. Se non vorranno essere travolti, sarà meglio che i dirigenti Rai (ma anche quelli Mediaset) ci riflettano sopra”. Abbiamo sempre apprezzato e condiviso i pareri dell’ex direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, ricordiamo come spesso alla guida del noto settimanale, esercitasse una valida critica su alcune scelte di palinsesto dei dirigenti Mediaset, uno dei motivi, secondo noi, che gli costarono il posto a favore del più “allineato” Alfonso Signorini.

L’analisi che fa Brindani dell’evento mediatico dell’anno è inoppugnabile se non fosse che questo tentativo ben riuscito di svincolarsi dai normali canoni televisivi, potrebbe risultare lettera morta in un Paese dove la voglia di cambiamento sembra più pertinenza del campo teorico che quello pratico. La televisione è ingessata dentro schemi inalterabili, tra una Rai che fagocita se stessa e dati alla mano, con un pubblico sempre più anziano, costringendo i giovani a emigrare verso altri lidi e una Mediaset asso piglia tutto, favorita com’è dal Governo in carica per ovvi motivi, mentre l’eventuale “nuovo che avanza” nella fattispecie Sky viene opportunamente tenuto a distanza dalle parti dell’emisfero satellitare.

Rai, profondo rosso

 Ai più appare evidente come i vertici della Tv di Stato nella figura del direttore generale Mauro Masi si arravoglino (consentiteci il partenopeismo) lo stomaco per il successo di Raiperunanotte, conseguenza logica dell’interdizione dal pubblico servizio (quello della Rai appunto) dei talk show causa par condicio, meno clamoroso ma di eguale spessore risulta l’allarme lanciato qualche settimana fa da Paolo Garimberti che dava l’Azienda di cui è presidente sull’orlo del decesso per asfissia: “Ci sono tre lacci stretti al collo della tv pubblica che stanno per soffocarla: la mancanza di risorse certe, una natura giuridica che non le consente di stare sul mercato e una non risolta questione di governance.”

Singolare il destino della tv pubblica italiana che riflette specularmente, come è naturale in fin dei conti, la situazione socio politica del Paese che ne usufruisce, l’Italia dove ci si attarda nell’escogitare misure tampone a sfavore di una più severa politica di riforme, dove il denaro viene profuso ovvero sprecato nella distribuzione di prebende per puri scopi politici, dove il Parlamento risulta troppo spesso impegnato nella promulgazione di leggine favorevoli all’individuo piuttosto che alla massa. La Rai è sull’orlo del baratro, ma pochi sembrano accorgersene e i più da irresponsabili quali sono preferiscono distogliere lo sguardo dai conti dissestati, forse perché quel colore rosso così cangiante poco si addice alle loro credo politico.