
“Ma cos’è questa crisi?”, recita un simpatico motivetto degli anni ’30 frutto della propaganda imperante di quel periodo non proprio roseo del nostro passato, la canzoncina aleggia nell’ineluttabile gioco di corsi e ricorsi storici fino a condurci nell’Italia del 21mo secolo dove la crisi economica c’è, eccome, a cui va ad aggiungersi quella dei valori, delle istituzioni, dei media, di fronte cui l’opinione pubblica rimane inspiegabilmente inerte. Il buon senso dovrebbe indicare la logica del risparmio, del tirare la cinghia, da cui niente e nessuno dovrebbe venir esentato, quando invece in certi ambienti si continua a scialacquare, a scapito di altri: rimaniamo esterrefatti di fronte a certe scelte di mamma Rai.
Non è la prima volta che torniamo su l’argomento, ma lo riteniamo doveroso proprio nella settimana che celebra il sessantesimo compleanno del Festival di Sanremo, in onda da stasera, trasformato in una sorta di singolare baraccone, senza tenere conto delle più elementari esigenze di badget che imporrebbero un minimo di rigore. Diciamola tutta: non si può certo dire che la Tv di Stato navighi nell’oro oppressa com’è da un debito che a oggi è di 700 milioni ripianabili in due anni secondo un pretenzioso piano industriale.



