
Canali che vengono canali che vanno, è ancora fresca la notizia del cessate trasmissioni di Jimmy, storico canale della piattaforma Sky, che in queste ore bisogna registrare un’altra illustre nonchè imminente defezione nella scala di marchi presenti sul digitale terrestre: il progetto Dahlia alza la bandiera bianca. Nata il 7 marzo del 2009, Dahlia Tv di proprietà della famiglia Wallemberg, la più ricca di Svezia ci dicono, attraverso il Gruppo Airplus e di Telecom Italia Media che detiene il 10,1% del capitale, era partita con una offerta consistente: una serie di canali sportivi che vedevano nel calcio la punta di diamante con la messa in onda di partite di A e B, a cui andava ad aggiungersi la cospicua offerta destinata ad un pubblico adulto. Probabilmente in pochi pensavano che il progetto così pretenzioso fosse destinato a un lasso di vita tanto esiguo, dopo poco le partite di Fiorentina, Palermo e Bologna migravano verso Mediaset Premium a causa delle nuove regole sulla cessione collettiva dei diritti tv, con esse le tifoserie e relative, numerose card La7 Cartapiù di cui Dhalia aveva contribuito ad ampliare l’offerta. Ora che il marchio è in liquidazione può comunque contare ancora su oltre 800mila abbonati di cui 250mila attivi.
Le conseguenze della crisi non si faranno certo attendere: che fine faranno i 150 lavoratori della Filmaster, società che cura la produzione di Dahlia Tv? Dopo l’annuncio a dicembre, foriero di cattive notizie, che i servizi sarebbero andati in versione ridotta e il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato scaduti il 31 dicembre, a cose fatte gli stessi dipendenti in una assemblea tenutasi lo scorso 10 gennaio hanno chiesto d’essere ricevuti quanto prima dal ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani nel tentativo di tutelare i posti di lavoro, in che modo non è dato di saperlo.