Informazione in tv: Tg5 ed Enrico Mentana i più amati dagli italiani

In periodo di crisi dell’informazione, tra leggi bavaglio e telegiornali con la T maiuscola, Affaritaliani.it, in collaborazione con SWG, ha chiesto a 1.000 soggetti che seguono abitualmente i telegiornali quali sono i giornalisti e i Tg che preferiscono.

I risultati parlano chiaro: tra i giornalisti Enrico Mentana, possibile nuovo direttore del Tg La7, è quello più apprezzato, con il 20% delle preferenze, grazie alla trasversalità del gradimento, seguito da Bianca Berlinguer (votata soprattutto dal pubblico del centrosinistra, con il 15%) e da Antonello Piroso (14%).  Maria Luisa Busi (12%) batte il suo direttore Augusto Minzolini (10% in maggioranza di centrodestra), mentre Clemente Mimun (9%) supera Emilio Fede (6%) fanalino di coda.

Minzolini:”Tg1 trasparente ed imparziale”, chi gli crede?

 Le chiamano affinità elettive, sono pulsioni dell’essere umano, sorta di alchimie inconscie che ci inducono a trovare coloro che più si avvicinano alle nostre aspettative d’amicizia meglio ancora sentimentali, ci viene da pensare che il fenomeno si ricrei anche tra l’uomo e quelle che inopportunamente chiamiamo bestie, la presunta somiglianza tra il cane e il suo padrone ne è esempio. Sarà per questo che gli uomini di potere amano circondarsi di persone che in qualche modo rispecchino in toto i loro credo, non stiamo pensando di semplici lacchè ma di individui che mossi dall’adorazione verso il capo, da attori consumati, si calano nel personaggio al punto da divenire tutt’uno con esso.

Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini deve aver imparato bene la parte ed ora la recita a soggetto senza sbagliare neanche una virgola. Al comando del più importante telegiornale italiano (ma chissà se lo è ancora), infischiandosene delle critiche e richiami che gli giungono da più parti, tira dritto per la strada, esternando sorrissini maliziosi, un piglio da perfetto affabulatore di masse. Dopo aver effettuato il restyling della redazione e ora anche della scenografia (ma la sigla lascia a desiderare), da capitano della nave profondo conoscitore delle rotte, si affida all’unica stella del suo personale firmamento, a cui concedere d’essere guidato sfidando le tempeste.

La tv cambia in peggio, chi pensa agli spettatori?

 Oppresso da logiche opportunistiche tipiche della politica da una parte e dalle non certo migliori esigenze di fare cassa a tutti i costi dall’altra, il sistema televisivo italiano in questi ultimi tempi sta subendo una serie di sommovimenti che lo scuotono dalle fondamenta. Continua incessante la rivoluzione digitale che ha reso felici produttori di televisori e decoder, un po’ meno i diretti interessati, quei telespettatori spesso anziani e poco competenti (non per colpa loro) costretti a ripetute sintonizzazioni di canali che spariscono e ricompaiono senza una collocazione fissa.

Come è possibile che un evento così importante, storico addirittura, quale la conversione del segnale da analogico a digitale sia stato pianificato in maniera a dir poco frugale, senza stabilire una numerazione definitiva sul telecomando? Risultato la “scomparsa” di Rainews, giustificata da motivi tecnici, dalla maggior parte delle tv d’Italia durante il recente switch over lombardo, da aggiungere a una generale riorganizzazione (leggi cambio di numero) dei canali stessi anche nelle regioni non interessate.

Sul satellite lo scontro Sky-Mediaset ha assunto toni cruenti: da qualche giorno il segnale di Canale 5 al mattino è criptato, una scritta invita i teleutenti a trasferirsi sulla piattaforma Tivù Sat creata apposta per fronteggiare l’avanzata del colosso di Rupert Murdoch. Mediaset risponde così all’introduzione della digital key sui decoder Sky. La chiavetta consente di ricevere tutti i canali trasmessi in chiaro sul digitale terrestre, iniziativa poco gradita al Biscione il quale probabilmente sta contemplando altre misure di ritorsione, anche i questo caso si denota poca sensibilità nei confronti di coloro che con il telecomando sono in grado di modificare i delicati equilibri del mercato tv : gli spettatori.

Tg1, Maria Luisa Busi lascia la conduzione

Maria Luisa Busi, mezzobusto del Tg1, ha annunciato stamane, con una lettera di quattro cartelle affissa nella bacheca della redazione del telegiornale, di aver deciso di abbandonare la conduzione dell’edizione delle 20 del Tg (fonte Apcom).

La giornalista ha motivato la sua decisione spiegando di non riconoscersi più nel modo in cui viene confezionato il prodotto giornalistico della rete ammiraglia.

Tg1, polemica sugli ascolti: Garimberti contro Minzolini

Ennesimo scontro intorno al Tg1: dopo che il consigliere della Rai Nino Rizzo Nervo aveva commentato polemicamente il calo degli ascolti del Tg1 (“Capisco le conduttrici Tiziana Ferrario e Maria Luisa Busi, e ne apprezzo il coraggio. Quando ricordano che negli anni passati la soglia del 30% di share era vissuta dalla redazione del Tg1 come una sconfitta, dicono una cosa vera. Per le sue parzialità e per i suoi contenuti, il Tg1 non è più il telegiornale di riferimento di tutti gli italiani. Questo ci dice l’Auditel. E l’azienda non può continuare a far finta di niente”) e il direttore del Tg1 Augusto Minzolini aveva commentato aspramente (“E’ un fazioso e non sa leggere i dati. E’ un uomo ridicolo”), il presidente della Rai Paolo Garimberti è intervenuto attaccando Minzolini:

Un conto è il diritto di critica, anche aspra. Altra cosa sono gli insulti. Come presidente del consiglio di amministrazione della Rai, non posso tollerare che un direttore insulti un consigliere. Al di là dei chiarimenti, che non mi pare smentiscano la sostanza delle cose, Minzolini ha perso una buona occasione per tacere. Ma più in generale si sta perdendo in Rai una buona occasione per tenere il dibattito sulle questioni Rai all’interno delle regole e dei confini aziendali.

I dati che hanno creato la polemica, riportati da Repubblica.it e riferiti al 12 aprile, erano questi:

Tg1: Tiziana Ferrario attacca:”Perdiamo Credibilità”, Augusto Minzolini replica

Ci sono nuove polemiche intorno al Tg1: sulla bacheca del telegiornale di Raiuno compare una dura lettera/testimonianza scritta dalla giornalista Tiziana Ferrario, estromessa dalla conduzione dell’edizione delle 20 da una decina di giorni (fonte Repubblica.it):

Quello che sta accadendo da mesi in questo giornale, le emarginazioni di molti colleghi, i doppi e tripli incarichi di altri, le ripetute promozioni e le ricompense elargite sotto forma di conduzioni e rubriche sono il frutto di una deregulation che viene da lontano ma che si è ulteriormente inasprita e che a mio parere non promette nulla di buono per il futuro e ci sta portando ad una perdita di credibilità del Tg1.

La giornalista sottolinea come il telegiornale stia perdendo non solo ascolti, ma anche e soprattutto la credibilità agli occhi del proprio pubblico:

Il destino della tv, cambiare tutto per non cambiare niente?

 Dice bene Umberto Brindani sulle pagine di Tv Oggi giornale che dirige, quando afferma a proposito di Raiperunanotte: “Per la prima volta una trasmissione vietata dalla Rai è andata in onda lo stesso, non sulle reti Rai però. E al di là delle solite polemiche riguardo ai numeri, con ottimi ascolti. L’hanno vista sul Web, sui telefonini, sulle tv locali, sui canali satellitari…non c’è dubbio che è stata una specie di rivoluzione. Un po’ come fare tv senza tv. Se non vorranno essere travolti, sarà meglio che i dirigenti Rai (ma anche quelli Mediaset) ci riflettano sopra”. Abbiamo sempre apprezzato e condiviso i pareri dell’ex direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, ricordiamo come spesso alla guida del noto settimanale, esercitasse una valida critica su alcune scelte di palinsesto dei dirigenti Mediaset, uno dei motivi, secondo noi, che gli costarono il posto a favore del più “allineato” Alfonso Signorini.

L’analisi che fa Brindani dell’evento mediatico dell’anno è inoppugnabile se non fosse che questo tentativo ben riuscito di svincolarsi dai normali canoni televisivi, potrebbe risultare lettera morta in un Paese dove la voglia di cambiamento sembra più pertinenza del campo teorico che quello pratico. La televisione è ingessata dentro schemi inalterabili, tra una Rai che fagocita se stessa e dati alla mano, con un pubblico sempre più anziano, costringendo i giovani a emigrare verso altri lidi e una Mediaset asso piglia tutto, favorita com’è dal Governo in carica per ovvi motivi, mentre l’eventuale “nuovo che avanza” nella fattispecie Sky viene opportunamente tenuto a distanza dalle parti dell’emisfero satellitare.

Tg1: Maria Luisa Busi parla di rappresaglia, Tg schierato e calo degli ascolti, e Minzolini le invia lettera di richiamo

Dopo l‘estromissione di Tiziana Ferrario (che dovrebbe essere dirottata al ruolo di inviata per le grandi aree), Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso, Maria Luisa Busi ha rilasciato un’intervista al vetriolo su Repubblica.it parlando della situazione del Tg1: secondo il mezzobusto non è casuale la sostituzione dei suoi tre colleghi:

Credo si tratti di una rappresaglia. Come dice Franco Siddi, segretario della Fnsi. Una rappresaglia che prima dei colleghi, volti storici e professionisti liberi di questo giornale, ha colpito Massimo De Strobel, caporedattore centrale, uomo chiave della storica macchina del Tgi. Anche lui non firmatario di quella lettera, guarda caso. Anche lui rimosso senza una alternativa professionale credibile. Il clima? Il clima in redazione è insostenibile, in 21 anni ho visto altri direttori riconducibili all’area culturale del centrodestra (Vespa, Rossella, Minun), nessuno aveva mai osato tanto. In quanto al “rinnovamento”, di cui parla il direttore Minzolini… di che stiamo parlando? Forse che alla Bbc, alla Cnn, nella tv pubblica francese, non conta la fidelizzazione del pubblico, rispetto ai volti storici? Nel senso di quelli che hanno fatto la storia del giornale e la sua credibilità. E poi che dire di De Strobel, che non va neppure in video.

La Busi parla del Tg1 come di telegiornale schierato con ascolti in calo:

Tg1: Minzolini rimuove Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso. E’ bufera!

Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, per dare un segnale di cambiamento al telegiornale di Raiuno, ha rimosso dalla conduzione Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso. Al loro posto da settimana prossima ci saranno Francesco Giorgino alle 20.00, Laura Chimenti alle 13.30 e Francesca Grimaldi al mattino.

La decisione ha subito suscitato polemiche, tanto che alcuni hanno parlato di epurazione. Minzolini non ci sta e spiega (fonte Agi):

C’era bisogno di rinnovamento e chi e’ stato spostato dalla conduzione è indirizzato ad altri ruoli di primo piano all’interno del Tg1. Quanto alle reazioni e ai documenti, sono banalità. Io non ragiono per documenti o per colori… Alla conduzione c’era gente da anni e anni, qualcuno si avvicina a quasi tre decenni in quel ruolo. E’ anche una questione d’immagine. A differenza di qualche consigliere, io ho il problema di rinnovare la platea, di avere un pubblico più giovane. L’ho già fatto con la scelta degli argomenti e nel mese di marzo gli ascolti del Tg1 sono cresciuti del 2 per cento nella fascia 30-40 anni. La mia è, tra virgolette, una logica squisitamente industriale che punta a rafforzare la nostra presenza tra l’intera platea di telespettatori, al nord come altrove.

Telegiornali regno dello squilibrio

 Secondo il vocabolario della lingua italiana il termine “squilibrato”, sta per “sbilanciato, sproporzionato che manca di proporzione, che non è bilanciato, pazzo, folle”: tutti significati che calzano a pennello alla peculiare condizione in cui riversa l’Italia del 21mo secolo, dove si preferisce nascondere le realtà scomode a tutto vantaggio della dissimulazione di intenti, delle ammissioni a metà, delle verità rivedute e corrette, espedienti tipici di diversi ambiti tra cui quello politico da cui il mezzo televisivo non può essere certo immune. Ecco quindi la tv e in particolare i telegiornali ridotti a miseri mezzi di propaganda allinearsi alla linea disposta dai governanti, attraverso direttori compiacenti che proprio i suddetti hanno posto li a garanzia di un’informazione corrotta.

Se dovessimo tirar fuori dal cassetto un antico adagio, sceglieremmo senz’altro: “il lupo perde il pelo ma non il vizionon è la prima volta che da queste pagine diamo voce all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e all’ennesima (negli anni sono state molteplici) constatazione che in particolare nei periodi di campagna elettorale l’informazione in Italia sia, come si diceva, squilibrata, niente di strano in un Paese dove al continuo richiamo alla legge si contrappone ogni espediente per aggirarla, o meglio interpretarla a tutto vantaggio delle singole parti.

C’era una volta la libera informazione

Una pugnalata al cuore del diritto d’informazione, l’articolo 21 della Costituzione italiana. Ormai non abbiamo più dubbi, questo Paese è davvero alla frutta, colpito da una crisi economica e morale che colpisce tutti i comparti, come una variabile impazzita che ci fa tornare indietro di decenni fino a periodi cosi bui che mai avremmo voluto ricordare. Quello che sta accadendo nel campo dell’informazione e dei media in particolare, fa pensare che sia in atto un vero e proprio disegno ordito per zittire qualsiasi forma di civile dialogo.

Partiamo dalla cosiddetta par condicio, un’orrida legge tale da oscurare tutti i più popolari talk show Rai, su disposizione del suo direttore generale Mauro Masi. Il servizio pubblico ha deliberato una sorta di ghigliottina ispirata dal più classico autolesionismo in un periodo di vacche magre, al punto che lo stesso presidente Paolo Garimberti ha ammesso di vedere l’Azienda prossima al declino se non addirittura al collasso:“Se, come penso, il fine ultimo della classe politica è avvicinare il cittadino alla politica e di lottare contro l’astensionismo politico, ebbene questo fine non sarà mai raggiunto con questi mezzi, con l’invasione e l’assoggettamento della Rai. Al contrario“. Proprio perchè la Rai “è soprattutto un’azienda centrata sull’informazione in senso lato“, dunque “la politica avrebbe tutto il vantaggio a puntare sul dispiegamento di tutte le potenzialità informative della Rai“.

Editoriali tv, informazione o propaganda?


Repetita Iuvant, le cose ripetute giovano, in ambito giornalistico la locuzione latina assume però tutto un altro aspetto in un contesto dove si vuole dissuadere qualcheduno di tesi basate su precarie logiche. Nel caso di Augusto Minzolini direttore del Tg1 dal maggio 2009, la riproposizione di editoriali riguardo complotti orditi per sovvertire l’attuale ordine politico, sta diventando stucchevole e allo stesso tempo quasi grottesco. Anche questa volta dallo scranno del più importante telegiornale Rai, Minzolini ha ritenuto di istruire le masse alla vigilia di una importante scadenza elettorale. La tanto ingiuriata giustizia ad orologeria, il tintinnare di manette di non troppo lontana memoria, che secondo alcuni ma non tutti, arriva puntualmente a turbare i sonni dei governanti, diviene il vero e unico motivo per giustificare gli altrettanto puntuali nonché inutili monologhi di chi farebbe bene a gestire meglio il difficile ruolo di cui è stato investito.

Ci si ripropone il quesito su quale sia il compito di chi dirige una redazione televisiva: vegliare bonariamente sull’operato dei propri collaboratori, redarguendoli saltuariamente, quando sia necessario, intervenendo magari in prima persona solo in via eccezionale, oppure vestire i panni di pubblico inquisitore di parte come sta accadendo da qualche mese al Tg1? La figura di Minzolini è la degna rappresentazione dello stato infimo in cui soggiace l’informazione televisiva italiana dove chi è contro è un sovversivo, da mettere a tacere subito con tutti i mezzi legali, compreso un lacciuolo legislativo chiamato par condicio. In altri Paesi alcuno si sentirebbe in dovere di criticare il lavoro della magistratura come invece avviene in Italia e se l’informazione fa il suo dovere mettendo al corrente il pubblico degli ultimi avvenimenti come è connaturato nella sua essenza, perché subito gridare allo scandalo e “gogna mediatica”?

Editoriale Tg1, Minzolini auspica ritorno dell’immunità parlamentare e scoppia la bufera politica

Scoppia un nuovo caso politico intorno all’editoriale del direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che ieri sera ha auspicato il ritorno dell’immunità parlamentare (l’abolizione è un vulnus alla costituzione, ha rotto gli equilibri tra i poteri) e ha attaccato il giudice Ingroia (il video dopo il salto), concludendo:

Ora c’è da auspicare che quel vulnus al di là delle dispute nominali … sia sanato.

La sua presa di posizione, fin troppo schierata, ha scatenato polemiche tra la destra a sinistra. Rosy Bindi commenta (fonte Agi):

Il direttore del Tg1 con un suo editoriale ha dettato agli italiani la linea sulla giustizia. Siamo esterrefatti! Il direttore del Tguno deve smettere di spiegare agli italiani che il presidente del Consiglio ha ragione. Non è questo il ruolo dei giornalisti del servizio pubblico, men che meno di un direttore di testata. Il Parlamento sarà anche pieno di magistrati ma la Rai è soffocata dai portavoce di Berlusconi. Siamo certi che il presidente della Commissione di Vigilanza Rai saprà esercitare il proprio ruolo di garanzia a tutela dei diritto dei cittadini ad essere informati correttamente e a non subire la propaganda del governo.

Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, ha replicato:

Tg1 contro Minzolini e il suo editoriale sulla libertà d’informazione

E’ scontro tra il Cdr del Tg1 e il direttore del telegiornale Augusto Minzolini. Facciamo un passo indietro. Sabato Minzolini ha criticato la manifestazione per la libertà di stampa che si è tenuta a Roma:

La manifestazione di oggi per me è incomprensibile visto che negli ultimi tre mesi sono finiti nel tritacarne mediatico Berlusconi, Agnelli, De Benedetti, l’ex direttore di Avvenire. Non è a rischio la libertà di stampa, il rischio è un altro: nell’informazione è in atto uno scontro di poteri e la manifestazione di oggi fotografa una disparità perché è stata convocata contro la decisione del premier di presentare due querele, a Repubblica e all’Unità, ma non quelle che colpiscono altri giornali magari di diverso orientamento. In realtà negli ultimi 10 anni sono 430 le querele dei politici, per il 68% di esponenti di sinistra. È possibile che la libertà di stampa venga messa in pericolo solo da due querele di Berlusconi? La manifestazione di oggi più che contro un ipotetico regime politico è per insediare un regime mediatica.

Ieri sera è stato letto il comunicato della redazione del telegiornale che si è dissociato dalla presa di posizione del proprio direttore: