Recensione: Il petroliere – Un film da vivere più che da guardare

Il petroliere, candidato all’oscar per la migliore regia, il miglior montaggio, la migliore scenografia, miglior fotografia, miglior sceneggiatura non originale, miglior sonoro e miglior attore protagonista, narra trent’anni (1898-1927) di vita di Daniel Plainview (Danny Day-Lewis), un minatore, che nel 1898 cercando un giacimento d’argento, s’imbatte in un giacimento di petrolio.
Il petroliere, diretto magistralmente da Paul Thomas Anderson (Magnolia), racconta, attraverso primi piani e panoramiche, suoni assordanti e silenzi angoscianti, la vita di un uomo in continua competizione con il mondo, alla continua ricerca del successo, pronto a tutto per ottenerlo, dal crearsi una storia strappalacrime (la moglie morta per dare alla luce il figlio), al rinnegare se stesso e il suo credo (la confessione pubblica di essere un peccatore) pur di avere terre da trivellare.
There will be blood (il nome originale della pellicola) è la vita di un bambino, H.W. (Dillon Freasier) orfano rimasto sordo in seguito all’esplosione di un pozzo, preso dal protagonista per non rimanere solo, e perso dallo stesso per la sua incapacità di amare; è l’avidità di un ipocrita predicatore opportunista, il rivale numero uno del petroliere, un uomo di fede (si fa per dire) schierato contro un uomo del tutto materialista e avido.

Sul Doppiaggio – 15 – Gli elementi del doppiaggio descritti da André Rigaud nel 1936

Per affrontare tutti gli elementi del doppiaggio voglio riportarvi, oggi e domani, un articolo abbastanza raro, che scrive nel 1936 André Rigaud, uno dei primi articoli della storia, che parla di doppiaggio. Il titolo è I misteri del Dubbing. Questo articolo è interessante perché spiega cosa significa doppiare e racconta come avviene il doppiaggio di una battuta. Buona lettura:

Si deve dire dubbing o dubling? Voi forse preferite dubbing, ma disgraziatamente questa parola ha già preso un posto preciso nel gergo cinematografico. Il Dubbing è quel trucco grazie al quale si può trasformare un film parlato cinese in un film canadese al cento per cento. Per evitare qualsiasi errore di ortografia, dubbing si scrive “sincronizzazione”. Però la parola sincronizzazione si pronuncia dubbing, perché è molto più facile dire dubbing che “sincronizzazione”.

Che cosa è esattamente questo dubbing, di cui si parla tanto in questo momento della storia del cinematografo? Il dubbing è uno strano sport, che consiste nel far parlare in una certa lingua le fotografie di alcuni artisti, che si sono espressi in lingua diversa. Il problema consiste nel redigere il dialogo letterario di un film, ispirandosi ai movimenti delle labbra dei personaggi. Come vedete, si tratta di una cosa semplicissima.

Sul Doppiaggio – 14 – Dal 1970 ad oggi

Durante la primavera del 1970 avviene l’ennesima scissione in seno alla CDC, determinata dagli ultimi attori giunti nella società a metà degli anni ’60, i quali non ritengono di trovare spazi utili per operare in un clima di rinnovamento: nasce la CVD.

Ancora, come 20 anni prima, le società di doppiaggio diventano vasi comunicanti dove le molecole-doppiatori sostano per un periodo di un tempo per poi andarsene. Le associazioni presenti nel 1970 sono la Sincrovox, la CDC, la CID, la SAS, la CVD e la SINC. Il tempo delle cooperative di sincronizzazione con un numero elevato e stabile di attori è tramontato e il doppieggio entra in una nuova era.

La concorrenza esasperata costringe le organizzazioni a rivolgersi al libero mercato delle voci, con notevole risparmio, nei tempi e nei costi, determinando, così, il definitivo abbandono della pratica di rendere inscindibile l’identificazione tra il doppiatore e il doppiato e un generale abbassamento dei livelli di qualità del prodotto finito.

Sul Doppiaggio – 13 – La fine della prima parte delle storia

… E’ così che nel doppiaggio diventa consuetudine la contaminazione linguistica e la recitazione colloquiale; Amendola si vede proiettato nell’olimpo dei doppiatori assumendosi l’onere di far recitare tutti i grandi attori, che negli anni ’70 faranno tornare grande la cinematografia statunitense. Tra l’altro, come nel passato, nasce un binomio inscindibile tra il doppiato e il doppiatore, cosa che capita solo con Amendola e Lionello (quando dà la voce a Woody Allen), perché le case di distribuzione non vogliono più far crescere il potere contrattuale dei prestatori di voce.

Il 1968 è l’anno dei grandi movimenti e anche il cinema subisce l’ondata di cambiamenti. In marzo, 105 autori di cinema si staccano dall’associazione di cui fanno parte per fondare l?associazione Cinematografica Italiana. Questi, nel convegno ad Amalfi sul cinema sonoro, propongono l’abolizione dell’uso indiscriminato del doppiaggio, perché la sua esistenza compromette la possibilità stessa di un cinema italiano sonoro. Il documento ha molti firmatari: da Lattuada ai Fratelli Taviani, da Michelangelo Antonioni a Pier Paolo Pasolini e Bernardo Bertolucci. Alla fine, però, la storia dimostrerà che anche loro doppieranno le loro opere.

Gli anni ’70 si aprono con una battaglia, vinta solo in parte, dei doppiatori che richiedono di essere inseriti nei titoli di coda: una legge dello stato decreta di riportare nei titoli di coda i nomi dei doppiatori, ma questa regola viene spesso disattesa, complice n’è il grande dibattito che si apre sull’uso del doppiaggio.

Sul Doppiaggio – 12 – Il rinnovamento per superare la crisi

L’assemblea della CDC trasforma la società in una s.r.l. molto più snella e la rilancia completamente nella corsa al monopolio del settore. Il lavoro, che aumenta per tutti i membri della società, si incrementa notevolmente per i giovani doppiatori, i quali si trovano ad operare in un particolare periodo, quello della contestazione giovanile.

La nuova generazione di attori che si dedica totalmente al doppiaggio a metà degli anni ’60 ha una età compresa tra 25 e 40 anni. In diversi casi gli anni trascorsi nelle sale di sincronizzazione è di alcuni anni inferiore al dato anagrafico per il precoce inizio dell’attività come doppiatori di bambini. Le nuove leve fanno paura alla vecchia guardia, che cerca in tutti i modi di non perdere la propria posizione di elité.

I giovani non accettano la lenta scalata di categoria e si crea malumore. Nel 1966 i doppiatori della CDC proclamano una giornata di sciopero per mandare, in vista dell’assemblea annuale dei soci, un segnale forte di malcontento al presidente, Giorgio Capecchi, e all’amministratore delegato Boncompagni, ma soprattutto ai due ispiratori di tutte le politiche della società, i cognati Emilio Cigoli e Giulio Panicali. I doppiatori vogliono fondamentalmente che si aumenti il numero di attori presenti nelle categorie E ed A, che si rendano più celeri i passaggi da una categoria inferiore alla superiore, che si designino più direttori. Alla fine di aprile l’assemblea registra una notevole partecipazione dei soci. Il clima è abbastanza rilassato nella sala affollata dove i giovani occupano le prime file. Alla fine il vecchio Cigoli si trova tagliato fuori dalla CDC, i soci della fascia E da 24 passano a 33 e quelli della fascia A da 16 a 22. Perso il doppiatore di punta, la CDC, cerca riparo tra gli attori di teatro, pur sapendo che quest non hanno grande dimestichezza con il mezzo.

Sul Doppiaggio – 11 – Fine anni cinquanta inizi anni sessanta: la crisi del settore

La fine degli anni cinquanta apre un’altra strada ai doppiatori, quella dell’over-sound dei documentari, eppure molti non riescono più a trovare spazio e tra il 1958 e il 1962 si apre una piccola crisi nel settore.

Nel 1955, annusando la crisi, la CDC mette in atto l’idea di creare una sorta di “ombrello protettivo” sui soci attraverso la distribuzione di sei turni di doppiaggio al mese anche se essi non vengono realmente eseguiti. A beneficiare di questa politica sono soprattutto quei doppiatori della categoria D, i quali, spesso, sono coinvolti per una giornata di doppiaggio solo per recitare nel brusio di scene di massa che si risolvono in alcuni minuti di effettiva partecipazione in sala sincronizzazione.

Quasi tutti questi attori fanno parte della cooperativa dai tempi della fondazione e diversi di loro hanno lavorato nella poche organizzazioni di doppiaggio sorte prima della Seconda Guerra Mondiale, sono doppiatori che non hanno mai avuto la soddisfazione di prestare la loro voce a protagonisti o comprimari, ma hanno ugualmente contribuito a rendere credibili le centinaia di film stranieri che invadono l’Italia nel dopoguerra. Essi hanno avuto il tempo di invecchiare nelle sale di doppiaggio, ma ora la loro presenza nella CDC si è fatta ingombrante.

Sul Doppiaggio – 10 – Dagli anni cinquanta agli anni sessanta

Un altro problema portato alla ribalda dalla televisione non è solo quello di rubare pubblico al cinema, ma anche di far assegnare ai propri doppiatori un volto, attraverso la loro attività televisiva. Si cerca dunque di dare agli attori/doppiatori, che ricoprono ruoli importanti in tv, ruoli di secondo piano.

Nel frattempo la CDC passa da quattro a cinque classi di doppiatori: alla A, alla B, alla C e alla D si aggiunge la categoria Extra, la più importante, questo per dare ai propri soci la possibilità di passare di categoria. La televisione, però, alletta i doppiatori, perché finalmente dà loro la possibilità di farsi conoscere dal grande pubblico o, nel caso di doppiatori/attori, di riacquistare la fama di un tempo. Alcuni di loro passano dal doppiaggio agli sceneggiati televisivi, altri diventano addirittura registi.

Sempre nel 1957 si fanno tesi i rapporti fra la ARS e la CID, perché entrambe le società ritengono non equamente diviso il lavoro tra gli attori delle due organizzazioni: la prima denuncia la seconda per aver usato attori da poco associati per alcuni film anziché privilegiare attori iscritti da anni. La CID, di contro, si giustifica dicendo che non è possibile andare contro la domanda di mercato e propone per questo motivo una fusione definitiva fra le due società. La fusioine viene rifiutata per due motivi: uno di gigantismo, poiché la società avrebbe avuto troppi iscritti, l’altro, che gli stessi doppiatori importanti non avrebbero trovato abbastanza spazio sul mercato. Nelle due società nascono movimenti secessionisti che portano, nel 1958, alla formazione della SAS (Società Attori Sincronizzatori).

Weekend al cinema: solo 4 titoli, ma 3 hanno candidature all’Oscar!

Questa settimana solo quattro nuovi titoli in arrivo nelle sale italiane, di cui tre drammatici e un romantico, ma, a parte Parlami d’amore (unico film italiano del quartetto, nonché primo film da regista per Silvio Muccino), tutti gli altri hanno qualche candidatura all’Oscar. Quello da non perdere dovrebbe essere Il Petroliere. Conosciamo nel dettaglio, uno ad uno i film proposti:

Parlami d’amore: Sasha è un tossicodipendente che vive sin da piccolo in una comunità. Quando finalmente può uscire e tornare alla vita normale, si innamora di Benedetta la figlia di uno dei benefattori del centro. Un giorno sua macchina si scontra contro quella di Nicole, una donna dal passato travagliato. In lei troverà un’amica, una confidente, una maestra che l’aiuterà a conquistare l’amore della sua vita. Scritto, diretto e interpretato da Silvio Muccino, finora solo attore (L’ultimo bacio, Che ne sarà di noi, Il mio miglior nemico, Manuale d’amore) il film mescola drammaticità a romanticismo. Il cast propone, oltre all’attore romano anche Carolina Crescentini (Notte prima degli esami – Oggi), Aitana Sánchez-Gigón (Io non ho paura). Il film è uscito già ieri, in concomitanza con la festa di San Valentino.

Away from her – Lontano da lei: una donna malata di Alzheimer deve dividersi dal marito per stabilirsi in una casa di cura. Col tempo perderà ogni ricordo del marito e si invaghirà di un altro paziente. Del cast fanno parte Julie Christie (Il dottor Zivago), candidata all’Oscar come migliore attrice protagonista, Gordon Pinsent (Il caso Thomas Crown, The Good Shepard), Michael Murphy (Salvador, Manhattan, I compari) e la già premio oscar Olympia Dukakis (Stregata dalla luna). La regia è affidata all’esordiente Sarah Polley, attrice di film come La mia vita senza di me e La vita segreta delle parole, ma candidata all’Oscar 2008 per la miglior sceneggiatura non originale.

Recensione: Scrivilo sui muri…pessimo tentativo di raccontare il mondo dei Writers

Scrivilo sui muri, un pessimo tentativo di raccontare il mondo dei writers, (che per chi non lo sapesse sono quei ragazzi che dipingono sui muri delle nostre città) è uscito in DVD.

Pierpaolo (Primo Reggiani) e Alex (Ludovico Fremont) sono amici inseparabili, nonché compagni della stessa crew i C.D.. Entrambi studenti universitari, nel tempo libero si divertono a dipingere i muri di Roma con i loro pezzi (murales) e le loro tag (firme), per sfogare la loro voglia di libertà e dare un segnale della loro esistenza al mondo. Lo stesso segnale lo vorrebbe dare Sole (Cristina Capotondi), una ragazza insoddisfatta della sua vita, pronta a suicidarsi per le troppe pressioni date dalla madre e per la monotonia della sua vita (amicizie noiose, ragazzo snob), che si ferma proprio quando vede Pierpaolo pronto a scrivere sui muri.

Nella Roma notturna, in mezzo alla popolazione della notte (la vigilanza notturna, i ragazzi di altre crew, le feste underground), il film affronta, abbozzando, il mondo dei writers, nascondendosi dietro la scontatissima storia d’amore fra Alex e Sole (di cui però è innamorato Pierpaolo).

Sul Doppiaggio – 9 – Nuove società e la nascita della TV

La politica di Augusto Incrocci si può riassumere in tre punti: il lavoro deve essere equamente distribuito per garantire ad ognuno il minimo necessario per condurre una vita dignitosa; deve avere un atteggiamento di apertura verso le legittime aspirazione dei doppiatori ad associare in modo stabile e duraturo la propria voce ad un divo; deve cercare di rendere più facile il passaggio ad una categoria superiore e permettere di entrare nell’olimpo dei direttori tenendo presente anche l’anzianità maturata oltre alle attitudini e le capacità personali.

La sua politica porta malcontento fra tutti i doppiatori: quelli famosi non vogliono lasciare il posto agli altri nel doppiare i divi di Hollywood e quelli meno famosi in questo modo non riescno a salire di categoria; gli anziani si vedono incalzare dai giovani, senza però riuscire ad accedere alla categoria e senza quindi riuscire a diventare direttori di doppiaggio, categoria quasi di casta.

Nel 1952 i doppiatori paventano le dimissioni in blocco per mandare un segnale forte a Giannuzzi, presidente ODI, e ai direttori di doppiaggio, i quali da diverso tempo non rispettano neppure le regole stabilite da loro stessi utilizzando ad esempio attori non soci.

Recensione: Asterix alle olimpiadi – Bello, ma poco Asterix tanta olimpiade

Le avventure di Asterix continuano sul grande schermo e trasferiscono lo scontro fra il popolo gallico e quello romano ad Olimpia in Grecia, dove hanno luogo le olimpiadi più divertenti della storia del cinema. Il film in questione è Asterix alle olimpiadi.
La storia: Alafolix (Stéphane Rousseau) si innamora della principessa greca Irina (Vanessa Hessler) e per battere il diretto concorrente Bruto (Benoit Poelvoorde) nella corsa alla mano della giovane ellenica, lancia la sfida a Roma: i Galli vinceranno le olimpiadi. Bruto, costretto ad accettare la sfida, fra un tentativo e l’altro di ammazzare papà Cesare (Alain Delon), colpevole a suo dire di tarpargli le ali, cerca in tutti i modi di vincere, alla faccia dello spirito olimpico, corrompendo i giudici, dopandosi e usando ogni trucco sleale, al contrario di Afolix, un bambacione innamorato, accompagnato in terra greca da Asterix (Clovis Cornillac), Obelix (Gérard Depardieu) e una cricca di galli.
Come si evince dalla trama, Asterix e Obelix non sono proprio in primo piano nel film, anche se ci mettono il loro zampino in tutte le situazioni più importanti, eppure il film è divertente e si respira il clima gallico dei fumetti originali di René Goscinny e del disegnatore Albert Uderzo.

Sul Doppiaggio – 8 – La prima regolamentazione

Giannuzzi tiene certamente conto della forte domanda di doppiaggio, che non può essere soddisfatta dalla solo CDC, ma le motivazioni non sono solo di ordine pratico e di mero calcolo imprenditoriale; la ODI, secondo i suoi intendimenti, deve ridare smalto al doppiaggio appesantito dalla presenza delle solite voci logorate dal tempo e appannato da un perfezionismo tecnico assurto a freddo mestiere.

I primi problemi che si trova ad affrontare sono prendere il mercato alla CDC facendo cambiare idea alle majors, quasi impossibile, e trovare voci. Per quest’ultimo, Giannuzzi ricorre alle voci di teatro ancora poco conosciute imponendo come principi fondamentali l’adesione perfetta fra voce e volte e l’alternanza dei doppiatori nel doppiare un attore.

Tra le due società nasce una concorrenza reale anche perché fondamentalmente gli ambiti in cui operano sono complementari. Le case di produzione, che tengono ad un eventuale positivo sodalizio tra il doppiato e il doppiatore, si servono della CDC, che non fa nulla per diversificare, mimetizzare e rinnovare le sue splendide voci dalla cui costante presenza trae la sua forza di mercato; quelle che non hanno, invece, una simile esigenza o addirittura temono la loro identificabilità si servono della ODI che, al contrario, cerca la non riconoscibilità delle sue.

Sul Doppiaggio – 7 – Il secondo dopoguerra

Una volta finita la guerra, finisce anche il periodo di monopolio con l’abolizione della legge nel 1945 e una nuova ventata di liberalizzazione spazza via l’aria appesantita delle tante imposizioni del regime.

Le Majors, che avevano accumulato un’ingente quantità di film, non aspettano altro che togliere l’embargo e ridistribuire i propri film. Questi film sbarcano in Italia insieme alle truppe alleate che la devono liberare. In Massa gli italiani si riversano nelle sale per ricucire uno strappo lungo anni con un cinema che un tempo distraeva.

Gli americani definiscono l’Italia un Paese che non ha bisogno di un cinema proprio e pensano bene di essere loro ad occupare questo campo: inondano il territorio di circa 500 pellicole di cui gran parte ancora con le didascalie, perché impossibilitati dal doppiarle. Gli Italiani disertano il cinema anche quando i film sono doppiati da voci che loro non riconoscono, quelle voci oriunde che erano le uniche che si potevano trovare in circolazione durante il tempo di guerra.

Sul Doppiaggio – 6 – Dall’embargo alla guerra

Con l’embargo, i doppiatori, che si sono già abituati alla comoda attività del doppiaggio, tremano all’idea di dover ricominciare la vita del girovago attore teatrale e rinunciare ad un guadagno sicuro e consistente.

Durante l’embargo, in soccorso delle poche società di doppiaggio operanti tutte a Roma, arrivano le pellicole di produzione italiana ugualmente da doppiare per la presenza sempre più consistente di attori stranieri, oltre agli italiani che si trovano in difficoltà nel momento di auto-doppiarsi o che sono impossibilitati per altri impegni a partecipare alla post-sincronizzazione.

Un altro aiuto arriva dalle piccole case di produzione italiane che, sempre rimaste in secondo piano rispetto a quelle americane, iniziano a produrre pià film e con i loro soldi allontanano lo spettro della disoccupazione. Dopo un breve periodo di incertezza, le case produttrici come la Columbia, la United Artists, la R.K.O. e la Universal decidono di non aderire più all’embargo concordato con la MGM, la Warner e la Paramount e riprendono ad inviare le loro opere.