Giannuzzi tiene certamente conto della forte domanda di doppiaggio, che non può essere soddisfatta dalla solo CDC, ma le motivazioni non sono solo di ordine pratico e di mero calcolo imprenditoriale; la ODI, secondo i suoi intendimenti, deve ridare smalto al doppiaggio appesantito dalla presenza delle solite voci logorate dal tempo e appannato da un perfezionismo tecnico assurto a freddo mestiere.
I primi problemi che si trova ad affrontare sono prendere il mercato alla CDC facendo cambiare idea alle majors, quasi impossibile, e trovare voci. Per quest’ultimo, Giannuzzi ricorre alle voci di teatro ancora poco conosciute imponendo come principi fondamentali l’adesione perfetta fra voce e volte e l’alternanza dei doppiatori nel doppiare un attore.
Tra le due società nasce una concorrenza reale anche perché fondamentalmente gli ambiti in cui operano sono complementari. Le case di produzione, che tengono ad un eventuale positivo sodalizio tra il doppiato e il doppiatore, si servono della CDC, che non fa nulla per diversificare, mimetizzare e rinnovare le sue splendide voci dalla cui costante presenza trae la sua forza di mercato; quelle che non hanno, invece, una simile esigenza o addirittura temono la loro identificabilità si servono della ODI che, al contrario, cerca la non riconoscibilità delle sue.