Digitale Terrestre: canale 58, un caso singolare?


In molti ne hanno parlato, altrettanti si sono fatti portavoce di perplessità a nostro parere più che fondate. Ma questo canale 58 perché cederlo proprio a Mediaset sia pur in via “sperimentale”? L’antefatto: qualche giorno fa il Ministero dello Sviluppo Economico da mesi senza titolare e affidato ad interim al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi decide di affidare il canale 58, che i più informati riferiscono essere tra i migliori in assoluto della numerazione dtt, al gruppo del Biscione per prove tecniche di trasmissione in qualità hd. Tutto questo mentre all’orizzonte si profila il “beauty contest” l’assegnazione di 5 multiplex digitali a cui parteciperà anche Sky in qualità di “nuovo entrante”.

Difficile la gestazione del Regolamento Agcom per l’assegnazione delle agognate frequenze: ben quattro commissari su otto non lo hanno votato inoltre come riportato di recente in un articolo su Blitz Quotidiano da Paolo Gentiloni esponente del Pd e già ministro delle Comunicazioni: “Primo: al Regolamento non è stato allegato l’elenco dei cinque multiplex da mettere a gara. Sarà il Ministero a indicarli e soprattutto a decidere quali saranno i due aperti anche a Rai e Mediaset e quali i tre riservati solo agli altri. Seconda motivazione di chi non ha condiviso il Regolamento: Sky, che grazie all’Europa potrà gareggiare per ottenere uno dei cinque multiplex, sarà comunque esclusa dalla gara per i due aperti anche a Rai e Mediaset.” Lecito intuire che il Ministero assegnerà a Rai e Mediaset i multiplex migliori, tra cui il canale 58 di fatto già occupato in via provvisoria ma che tutto fa pensare possa essere affidato definitivamente a chi già se ne è appropriato.

Numerazione dtt: Sky si ribella

 Il digitale terrestre rischia di diventare un boccone amaro sulla ricca tavola imbandita di Sky. Dopo aver conquistato a fatica, fra la disapprovazione di Mediaset e quella di alcuni organi di governo, la possibilità di poter partecipare all’assegnazione di multiplex sul dtt, ora il colosso satellitare si accinge ad ingaggiare una nuova battaglia in difesa di Cielo, il canale che appoggiandosi al mux del Gruppo Espresso propone un saggio della programmazione di Sky.

Motivo di tanto livore è la decisione dell’Agcom, per cui sono stati indetti di recente gli appositi bandi, che dispone il posizionamento dei canali sui tasti del telecomando (LCN, Logical Channel Numeration). Tali norme varate dall’Agcom e ratificate dal ministero dello Sviluppo Economico (privo da mesi del suo titolare) prevedono che i canali nazionali vengano programmati su tutti gli apparecchi dal numero uno al nove, i locali dal 10 al 19 e gli altri suddivisi per categorie nelle successive posizioni.

Nel clima di deregulation che fino a poco tempo fa vigeva sul dtt, Cielo si era conquistato un’ottima visibilità sul tasto numero dieci, ora con le nuove norme poiché non è stato classificato come “canale generalista nazionale”, il rischio concreto è che Cielo debba occupare una posizione decisamente “periferica” rispetto all’attuale. Secondo i legali dell’azienda controllata da News Corp si è creata una:”illegittima e arbitraria discriminazione tra i vari fornitori di canali generalisti nazionali, poiché quelli ex-analogici avranno e di gran lunga una maggiore probabilità di essere selezionati dagli utenti”. Per questo motivo è stato presentato un ricorso urgente al Tar del Lazio e ove fosse necessario anche alla Corte Costituzionale.

Numerazione canali dtt, arriva il bando del Ministero

 Il sistema televisivo italiano in pieno fermento per il passaggio dal sistema analogico al digitale, sta vivendo un altro dei suoi momenti topici. Dopo che il Cnid (Comitato Nazionale Italia Digitale) ha ufficialmente indicato il 25 ottobre come data utile da cui gradualmente le regioni del Nord Italia si adegueranno al dtt, ora è finalmente giunto il momento di mettere ordine all’assegnazione delle frequenze, materia che in più di un’occasione è stata motivo di dissapori tra le stesse emittenti, in particolare quelle locali, fatte oggetto, secondo loro, di discriminazioni rispetto ai network nazionali. Noi stessi ci eravamo lamentati in passato di come la collocazione delle tv nella cosiddetta numerazione Lcn fosse approssimativa, creando non poca confusione negli utenti.

In seguito è arrivata la decisione dell’Agcom la quale ha stabilito che i canali nazionali vengano programmati su tutti gli apparecchi dal numero 1 al 9 del primo arco di numerazione, i locali dal 10 al 19, e gli altri suddivisi per categorie nelle successive posizioni. Da qualche giorno il Ministero dello Sviluppo Economico ha reso pubblici i bandi per la richiesta della posizione nella scala dei canali dtt, rivolta in primo luogo alle Regioni del Nord in fase di switch off (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e il Piemonte) che dovranno presentare la domande entro il 20 settembre, poi sarà la volta di quelle digitalizzate (Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Lazio esclusa la provincia di Viterbo e Campania) che hanno come termine per la presentazione delle richieste dal 21 settembre all’8 ottobre.

Qvc Italia, un futuro difficile?

Correva l’anno 2000 quando sui teleschermi italiani compariva, grazie alle frequenze del network ReteMia, il marchio H.O.T., acronimo per Home Order Television, leader in Germania nello shopping televisivo, poche ore al giorno di diretta per quello che in pochi mesi si sarebbe trasformato in HSE, Home Shopping Europe in seguito Canale D e ora nell’attuale Mediashopping. A dieci anni di distanza prende il via nel nostro Paese sul digitale terrestre un progetto dalle molte affinità con quello di allora (claim compresi), QVC ovvero Quality-Value-Convenience, secondo canale di home shopping negli Usa con un fatturato di 7,5 miliardi di dollari circa, 50 milioni di clienti e 17.000 dipendenti in tutto il mondo.

Lo start up è previsto per il 1 ottobre, come recita la scritta che gli utenti possono leggere sul monoscopio della numerazione dtt. Per la succursale italiana con sede a Brugherio (MI) guidata dall’amministratore delegato Steve Hoffman, si prevede un investimento iniziale di 65 milioni di euro, 17 ore di diretta e oltre 500 dipendenti, una sfida imponente che non mancherà di dare un po’ di fiato all’asfittica situazione occupazionale italiana. Buona novella per noi che a suo tempo abbiamo avuto l’onore di presenziare la nascita e la crescita di HSE e proprio per questo ci sentiamo di muovere qualche riserva, sulla possibilità di sviluppo di questa nuova realtà televisiva italiana.

Rai ai privati, soluzione possibile?

 Duole dover tornare sui soliti argomenti, ancor di più se l’oggetto della disquisizione è la tv di Stato dove a quanto pare sono saltati tutti gli schemi e la logica aziendale appare quantomeno discutibile. I segnali che giungono dal fronte sindacale sono tutt’altro che rassicuranti. Il prossimo 19 luglio la Slc Cgil ha proclamato uno sciopero:“contro un piano industriale che colpisce e mortifica solo ed esclusivamente i lavoratori, senza porre un freno a sprechi e nomine inutili, contro i tagli indiscriminati, le esternalizzazioni e le svendite del patrimonio. La Rai, spiega la Slc, ha presentato alle organizzazioni sindacali una proposta di conciliazione irricevibile, priva di punti fermi e di impegni concreti da parte dell’Azienda ad interrompere l’attuazione unilaterale del piano industriale“.

Stanno massacrando la Rai“. Ha dichiarato di recente Pierluigi Bersani, nel presentare una proposta di legge del Pd per la riforma del servizi pubblico radiotelevisivo.”Siamo ad una situazione veramente critica per ciò che riguarda il pluralismo e la prospettiva industriale“, ha aggiunto il segretario del Pd. Pare proprio che i buoni propositi enunciati dal direttore generale non abbiano convinto nessuno, di recente Mauro Masi ha affermato che:”il Piano industriale 2010-2012 predisposto è in grado di portare al sostanziale pareggio a fine 2012, equilibrio realizzato con forze Rai, senza interventi sul canone. Nel triennio, ha spiegato Masi, 100 milioni di euro saranno ricavati attraverso le modifiche al modello pubblicitario, quindi gli altri 100 dalla riduzione costi e dall’incremento dei ricavi (questi nella misura prevedibile di 32 milioni di euro l’anno).“Questo è un Piano industriale perfettamente gestibile da un’azienda come la Rai che ha un grande volume d’affari”.

Telegiornali regno dello squilibrio

 Secondo il vocabolario della lingua italiana il termine “squilibrato”, sta per “sbilanciato, sproporzionato che manca di proporzione, che non è bilanciato, pazzo, folle”: tutti significati che calzano a pennello alla peculiare condizione in cui riversa l’Italia del 21mo secolo, dove si preferisce nascondere le realtà scomode a tutto vantaggio della dissimulazione di intenti, delle ammissioni a metà, delle verità rivedute e corrette, espedienti tipici di diversi ambiti tra cui quello politico da cui il mezzo televisivo non può essere certo immune. Ecco quindi la tv e in particolare i telegiornali ridotti a miseri mezzi di propaganda allinearsi alla linea disposta dai governanti, attraverso direttori compiacenti che proprio i suddetti hanno posto li a garanzia di un’informazione corrotta.

Se dovessimo tirar fuori dal cassetto un antico adagio, sceglieremmo senz’altro: “il lupo perde il pelo ma non il vizionon è la prima volta che da queste pagine diamo voce all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e all’ennesima (negli anni sono state molteplici) constatazione che in particolare nei periodi di campagna elettorale l’informazione in Italia sia, come si diceva, squilibrata, niente di strano in un Paese dove al continuo richiamo alla legge si contrappone ogni espediente per aggirarla, o meglio interpretarla a tutto vantaggio delle singole parti.

L’Agocm deciderà se in Rai l’informazione è obiettiva. Lo è?

L’informazione della Rai è equilibrata? Questo lo deciderà l’Agcom: l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, presieduta da Corradà Calabrò, fa sapere di aver deciso di (fonte Ansa):

Aprire un’istruttoria per verificare il rispetto da parte della Rai degli obblighi di obiettività, di equilibrio dell’informazione, di non incitazione alla violenza e di effettiva osservanza del contraddittorio nelle trasmissioni di informazione.

Il motivo dell’istruttoria? Accogliere gli appelli del Papa e del presidente della Repubblica per ricondurre ogni contrasto politico ed istituzionale entro i limiti di responsabile autocontrollo e civile confronto:

Pubblicità occulta, Rai e Mediaset multate: come mai?

 Product Placement un anno dopo, o quasi, proprio nell’autunno scorso avevamo accennato al fatto che il Parlamento Italiano si stesse adeguando alla direttiva europea Audiovisual Media Services in vigore dal dicembre 2009, che di fatto permetterà di esporre marchi pubblicitari nelle trasmissioni televisive, pratica non ancora legale.

Presto quindi le grandi aziende televisive avranno dalla loro un nuovo strumento di promozione che le consentirà di rimpinguare i già ingenti guadagni, seppure in calo a causa delle crisi economica. Come questa norma verrà regolamentata nel nostro Paese è un vero ministero, più probabile che dalla fine dell’anno lo spettatore venga inondato di marchi messi alla bellemeglio in evidenza in un qualsivoglia contesto televisivo, l’unica cosa certa che le uniche esentate saranno le trasmissioni per bambini.

Nel frattempo l’ AGCOM ovvero l’Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato, continua a fare il suo dovere nel tentativo più o meno disperato, visti i modesti mezzi di cui dispone, di far rispettare l’attuale legge che non consente in alcun modo il benchè minimo accenno al product placement, pratica per inciso legalizzata al cinema dal 2004. A farne le spese Mediaset e Rai, ree di pubblicità occulta nel corso delle trasmissioni Questa Domenica, Pomeriggio 5 e nella trasmissione L’Isola dei famosi 6.

Sky scavalca Mediaset per i ricavi e diventa il secondo operatore italiano dopo la RAI

Sky nel 2008 è diventato il secondo operatore televisivo italiano per ricavi con 2.640 milioni di uero, alle spalle della Rai (2.723 milioni di euro) e davanti a RTI (Mediaset, 2.531 milioni di euro). A rivelarlo è stato il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò che ieri ha presentato la sua relazione annuale:

La Rai è ancora la principale media company italiana con oltre 2,7 miliardi di euro di ricavi, anche se in decremento rispetto al 2007 a causa della flessione della pubblicità (-3,6%). Rai, Sky e RTI (che ha avuto un calo della pubblicità dello 0,3%) hanno una posizione simmetrica in termini di ricavi complessivi del settore televisivo. All’interno di essa RTI e’ leader della pubblicità e nuovo concorrente nelle offerte a pagamento; Sky e’ di gran lunga leader nella pay tv e nuovo concorrente nella pubblicità; Rai mantiene le classiche posizioni attraverso una quota di rilievo nella pubblicità e prelevando le risorse residue dal canone di abbonamento.

Le reazioni di Mediaset e Sky non si sono fatte attendere: Fedele Confalonieri, presidente della società del biscione, dice:

I consumatori contro Sky: vittoria sui costi di recesso


Se da un lato l’amministratore delegato di Sky Italia Tom Mockridge ha potuto annunciare di recente un notevole rallentamento delle disdette, relative agli abbonamenti gravati dell’iva al 20%, grazie alla presenza nella programmazione del Fiorello Show, non si può parlare di altrettanta atmosfera idilliaca con le associazioni dei consumatori. Da tempo l’Adiconsum (Associazione Difesa Consumatori e Ambiente) è scesa sul terreno di guerra contro il colosso della tv satellitare denunciando aumenti illeciti e pubblicità ingannevole, una battaglia vinta proprio in questi giorni almeno per quanto riguarda i costi di recesso dal Movimento Consumatori.

Il Tribunale di Roma, dopo la citazione in giudizio dell’Associazione Movimento Consumatori del febbraio 2008, ha ritenuto eccessivi i costi che Sky applica a chi decide di rescindere in anticipo il contratto riconoscendo il diritto a essere risarciti per circa 80 mila clienti.”Fino a settembre 2008, Sky faceva pagare costi di recesso da 270 euro a 900 euro, a seconda dei servizi che l’utente aveva attivato. Sono penali illegittime, perché secondo il decreto Bersani l’utente deve pagare costi di recesso, pari a quelli sostenuti dall’operatore per disattivare il servizio“, spiega Alessandro Mostaccio, responsabile telefonia dell’associazione.

Digitale Terrestre: definite le regole per l’assegnazione delle frequenze

 Il sistema televisivo in toto, nella fattispecie quello italiano è giunto ad una svolta epocale, il tradizionale concetto di diffusione televisiva con l’avvento del digitale terrestre viene stravolto a favore di una migliore qualità del segnale unita a una maggiore offerta di cui l’utente non potrà che beneficiarne. Finalmente da qualche giorno l’Italia può contare anche su regole certe circa l’intero processo di digitalizzazione del Paese. Ricorderete come nel 2006 la Commissione europea avviò una procedura d’infrazione, ritenendo che la legislazione italiana non soddisfacesse gli obblighi imposti dalle norme Ue sulla concorrenza, ravvisando delle restrizioni ingiustificate alla prestazione di servizi di radiotelediffusione e vantaggi agli operatori analogici esistenti.

Ora in seguito all’emanazione della delibera per il passaggio al digitale del sistema televisivo, l’Unione Europea ha sospeso la procedura di infrazione contro l’Italia. Lo ha annunciato il presidente dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) Corrado Calabro’, che ha aggiunto “Le risorse trasmissive sono un bene pubblico destinato a soddisfare l’interesse della collettività. In questi anni è sempre stata auspicata una definizione di regole che garantissero la certezza del diritto e il rispetto dei principi costituzionali e comunitari nell’interesse del pluralismo e della concorrenza. Il percorso avviato va in questa direzione. I successivi atti che adotteremo serviranno a completare quella che mi auguro sia la cornice giuridica di riferimento per il futuro sistema televisivo italiano con una regolamentazione ben diversa dalla connotazione incerta che essa aveva assunto in passato.

Ma cosa sancisce la delibera che ha tolto l’Italia dalle acque limacciose e scomode in cui si era cacciata? Le 21 reti nazionali in tecnica digitale (DVB-T) saranno così suddivise: 8 reti saranno destinate alla conversione delle attuali reti analogiche; 8 reti saranno dedicate alla conversione in singola frequenza delle attuali reti digitali esistenti che oggi utilizzano il sistema della multifrequenza; all’esito della conversione dell’attuale sistema televisivo nazionale risulterà disponibile un dividendo nazionale di 5 reti. Questo dividendo, spiega ancora l’Agcom: “Verrà messo a gara con criteri che garantiranno la massima apertura alla concorrenza ed alla valorizzazione di nuovi programmi. Alla gara saranno ammessi tutti i soggetti operanti nello spazio economico europeo”.

Gli inspot nel mirino Agcom

Gli inspot, quella forma di pubblicità che prevede la sovrimpressione di una reclame (solitamente nella parte inferiore dello schermo) della durata di qualche secondo all’interno di un programma, sono nel mirino dell’Agcom.

Motivo? Anche le sovrimpressioni animate quando veicolano messaggi pubblicitari devono rientrare nei limiti di affollamento orario e giornaliero che le tv devono rispettare. Questo riguarda sia Mediaset, che Rai, e ormai, anche Sky, che la gente paga proprio per non avere pubblicità durante il programma che segue.

Tg, troppi spazi al governo, non c’è equilibrio. A dirlo è l’authority

 Non bastavano panini (voce dell’opposizione messa tra quella della maggioranza e quella del governo) e spezzatini (frasi prese qua e là): l’Agcom dà la notizia, palese, che i Tg italiani, tra aprile e settembre, non sono stati equilibrati nel pluralismo politico, sia nel rapporto tra le diverse forze politiche, sia nel rapporto tra le forze politiche e il governo, dando

La legge vuole che ci sia, in ogni momento dell’anno, correttezza e parità di trattamento, mentre una regola non scritta assegna un terzo del tempo al governo, un terzo alla maggioranza e un terzo all’opposizione, ma pure questa consuetudine è stata disillusa: a trarne vantaggio, in termini di minutaggio, sono stati il governo e il premier, mentre sono stati penalizzati Radicali, UDC e gruppi extraparlamentari.

SKY costretta ad abbassare i costi di recesso!

Ultimamente stiamo parlando di Sky sul nostro blog, purtroppo, più per motivi legali, che per l’ottima offerta televisiva.

Questa volta arriva la delibera Agcom, che costringe a Sky ad abbassare i costi di chiusura del contratto, entro sessanta giorni.

Vi riporto, subito dopo il salto, il comunicato stampa esplicativo dell’associazione Adiconsum, promotrice dell’iniziativa, che informa tutti gli abbonati delle nuove condizioni e pure, delle perplessità riguardo l’operato dell’Agcom.