
L’ultimo paziente della giornata si presenta in lieve ritardo, e sembra avere una certa fretta nel portare a termine questa visita di controllo. Raccolti velocemente i dati anagrafici – si chiama Gregory House – e prima di parlare di sintomi e malattie, fa un giretto dello studio zoppicando, appoggiato ad un bastone, e da un’occhiata attenta e non troppo fiduciosa ai libri di medicina presenti sullo scaffale. Ripone in tasca un lettore mp3. Il paziente lamenta problemi legati al dolore cronico e alla dipendenza da sostanze. Anche per questo stupisce che di lavoro faccia il medico; indossa i vestiti e l’atteggiamento nello stesso modo, con una certa noncuranza accattivante, che dà l’impressione che il soggetto in questione sia un qualche tipo di artista, con uno stile un pò trasandato, come se si trattasse di un filosofo, di uno scrittore o di un musicista.
Esprime un senso di ricercato pessimismo, le cui radici sembrano affondare in qualche evento passato, forse lo stesso incidente che gli ha impedito per sempre di camminare in modo corretto, anche se a dire il vero non riesco a immaginarlo senza il suo bastone.
Mentre parliamo, armeggia fastidiosamente con una console portatile molto piccola, e dagli scoppiettanti effetti sonori, che escono da quell’arnese: sembra che sia molto preso da una partita coinvolgente. Quando gli chiedo se può spegnere non ha l’aria di ascoltarmi, ma lo rimette in tasca spontaneamente, dicendo, con un vago sorriso, di avere perso.




