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Tv vecchia: non è un Paese per giovani

Torniamo a parlare della tv nostrana e di quanto abbia bisogno a detta di molti, noi compresi, di una boccata d’ossigeno. Circa l’attuale programmazione televisiva Fiorello era stato lapidario a settembre destando non poche polemiche:“Ma basta! manca solo che il giovedì rifacciano Rischiatutto e ci siamo: la televisione fa il passo indietro di 50 anni” E continua “Siamo alla televisione di quarant’anni fa. Ci dovrebbe essere una legge che vieta di ripetere una formula per più di tre volte… Io ora guardo soprattutto calcio. Non è snobismo. I reality li vedevo, ma poi stufano. Per questo ho interrotto Viva Radio2, preferisco smettere quando un programma è ancora al massimo, prima che qualcuno si stufi”.

A distanza di mesi altre voci critiche si alzano nei confronti di una struttura vetusta e fatiscente quale può essere definita per molti versi la tv dei nostri giorni, quelle di Marco Maccarini e Alessandro Cattelan, entrambi devono la loro fama a un canale, Mtv, rivolto ad un pubblico giovane, una sorta di isola felice nell’oceano di desolazione in cui soggiace l’attuale panorama televisivo nostrano, i più indicati quindi a puntare il dito verso ciò che non va.

Su What’s Up Marco Maccarini si sfoga: “Ho iniziato su Mtv, ho fatto programmi grandi e piccoli, ma ho cercato di farli bene. Ad un certo punto mi sono accorto che sull’onda alta c’erano personaggi che non se la meritavano, così ho deciso che questo tipo di notorietà non mi interessava”. Poi aggiunge “La persona comune, che mai avrebbe fatto spettacolo, si ritrova ad essere una star grazie al gossip o ai tg di costume. Tutti pensano che questo “vuoto successo” sia la normalità. Se si proponesse qualcosa di interessante sarebbe meglio. Solo chi ha le capacità dovrebbe proseguire“.

Mentre Alessandro Cattelan su Metro, rincara la dose: “L’Italia non è un paese per giovani, nemmeno nel mondo dello spettacolo. Da noi Mike Buongiorno lavora ancora, mentre una pletora di trentenni fatica a farsi strada. Un sondaggio dice anche che il 41% dei precari è disposto a cambiare città per mettersi in gioco, e il 34% a cambiare Paese. A Portland (Usa), ho visitato un punto di incontro per universitari, con caffetteria e Internet Point. Il manager aveva 18 anni. Oppure pensa a Google, dove i dirigenti hanno meno di 30 anni. Forse siamo poco preparati“.

Cattelan è critico anche sul sistema scolastico: “Sui banchi studiamo per due anni le guerre di successione e ignoriamo la storia degli ultimi 40 anni. Sul lavoro le aziende non si aggiornano. A Mtv, azienda americana, ci mandano in vacanza all’estero per imparare l’inglese. In Rai fanno altrettanto?“.

L’immagine dipinta non è delle migliori: la televisione italiana risente e non potrebbe essere altrimenti, di tutti i mali tipici della società italiana: strutture vecchie come la mentalità, nepotismo condito da una buona dose di raccomandazioni, azzeramento del più elementare concetto di meritocrazia: cambierà qualcosa un giorno?

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