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Beppe Bigazzi spiega perché ha parlato dei gatti in cucina

Beppe Bigazzi, allontanato da La prova del cuoco per la gaffe sulla piacevolezza del gatto cucinato, chiede pubblicamente scusa attraverso le pagine di Novella 2000, anche se parla di fraintendimento:

Senta, io ho riguardato decine di volte l’intervento: ho solo ricordato una tradizione della mia terra, il Valdarno. Tra gli anni ’30 e ’40 il gatto si mangiava, eccome, il giovedì grasso.

Il giornalista ribadisce di non aver dato ricette e di non aver assolutamente promosso la cucina del gatto:

Me lo ha chiesto la Isoardi e io ho ricordato come lo faceva mia mamma. Ma non ho istigato nessuno a mangiare i gatti, e non ho dato ricette. Tanto più che è un reato, la legge li tutela.

Bigazzi conclude ricordando che in passato i gatti non erano animali da affezione:

Un tempo no, nella cultura contadina in cui sono cresciuto si era più affezionati ai conigli o ai capretti. Il gatto era quello che mangiava i topi, che graffiava. Non era di famiglia.

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