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Recensione: Hitman l’assassino

 

 

Hollywood torna a pescare nel vastissimo mondo dei videogiochi e dopo Final Fantasy, Doom, Silent Hill, Resident Evil e Tomb Rider, solo per citarne alcuni, è uscito nei cinema italiani il film diretto da Xavier Gens, Hitman – L’assassino.

Il film narra, in breve, di un agente pelato e con il codice a barre tatuato sul cranio, l’agente 47, che per tutta la storia, che dura tre mesi e che viene riassunta più o meno in 90 minuti, deve fuggire dai suoi colleghi e dal governo russo dopo essere stato incastrato alla fine di una delle sue missioni da killer. Come se non bastassero i nemici, c’è pure l’Interpool che lo cerca.

Il regista, Xavier Gens, alla sua prima vera opera importante, almeno a livello commerciale, non ha avuto grandi problemi a trasporre la saga del videogiochi di Hitman in pellicola cinematografica, affidandosi alle ambientazioni e alla colonna sonora del gioco (l’Ave Maria di Schubert), alla facile caratterizzazione dei personaggi e al genere d’azione preponderante in tutta la durata del film.


La pellicola non ha fatto ricorso, fortunatamente, al gusto splatter che ultimamente va di moda nei film degli ultimi tempi. Intendiamoci, scene violente, sparatorie e combattimenti alla Matrix sono all’ordine del giorno, ma hanno per lo meno una logica, che non è per forza, il gusto dell’orrido e del sangue, come capita ultimamente di vedere in altri lavori, quanto la volontà di copiare specularmente il gioco (in alcuni momenti il protagonista tira fuori tutte le armi che gli appassionati videogiocatori sono abituati ad usare nelle loro avventure, come le due pistole o il filo soffocare l’avversario).

Capitolo attori: non saranno forse i più gettonati di Hollywood, ma non dispiacciono per la loro interpretazione. Loro sono Timothy Olyphant (già visto in Die Hard 4.0), nei panni dell’agente 47, Dougray Scott (lo Ian della terza serie di Desperate Housewives), nel ruolo del poliziotto dell’interpool, Olga Kurylenko, nella parte di Nika, la protagonista femminile ed infine Robert Knepper, volto noto agli appassionati di Prison Break, nel ruolo di Yuri Marklov.

Interessante, ma in secondo piano, lo sviluppo del tema del doppio: il presidente ha il suo sosia, lui ha i suoi colleghi di lavoro che sembrano usciti dal gioco dell’enigmistica “Indovina la coppia”, ovvero sono identici, ma differiscono o per il colore della pelle, o per anzianità, o per la robustezza.

Concludo, come di consueto, cercando di scegliere il pubblico più adatto a Hitman. Lo consiglio quindi, a tutti gli appassionati del videogioco, a chi ha voglia di sfogarsi vedendo un film veloce imperniato di morti, ma, è giusto sottolineare, con pochi colpi di scena e a chi vuole godersi una spy story molto elementare con tanta azione.

L’unico consiglio che mi sento di darvi e di diffidare di chi sulla nuca ha tatuato un codice a barre, perché, permettetemi di dirlo, tanto normale non è.

D.O.

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6 commenti su “Recensione: Hitman l’assassino”

  1. Se Solo è bello la metà di quanto bella è la saga dei videogame… promette davvero bene.
    Se poi come dici, visto che ancora con i miei occhi non l’ho visionato, utilizza le stesse armi presenti nei videogame, è un tocco di classe da apprezzare nel non voler stravolgere il senso del gioco: Killer Professionista legato sentimentalmente alle proprie semplici, tecnologiche e precise armi.

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