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Recensione: Step Up 2

Step Up 2 è più di un sequel: è il ballo all’ennesima potenza.
Baltimora: Andie (Brianna Evigan), ragazza orfana, cresciuta con le regole della strada, preferisce ballare piuttosto che andare a scuola. La migliore amica della madre, che la cresce come se fosse figlia sua, la pone di fronte ad una scelta: o va a seguire le lezioni o viene spedita in Texas dalla zia.
Andie non può accettare di andarsene proprio adesso che c’è il più importante evento di ballo della città, la sfida tra crew denominata The Streets. Fortunatamente un suo amico riesce a farle avere un’audizione alla Maryland School of the Arts, scuola di fighetti, che imparano a diventare artisti completi.
Superata la prova d’ingresso, la ragazza si troverà a dover affrontare un mondo del tutto nuovo, che con la strada non ha nulla in comune, perdendo i suoi vecchi amici, la crew 410, una vera e propria famiglia adottiva e la possibilità di competere insieme a loro alla gara di ballo. Di contro, grazie ad amici veri, come Chase (Robert Hoffman), fratello del ballerino di danza classica, nonché direttore della scuola Blake (Will Kemp), creerà un proprio gruppo di ballo e vincerà il The Streets.


Se in Step Up il protagonista partiva dalla strada per arrivare a calcare un vero palco, in Step Up 2, viene tutto rovesciato. Risultato: uno stupendo quadro del ballo di strada, quello fatto dal cuore e non dalla tecnica, quello in cui non conta da dove provieni, ma il rispetto che riesci ad ottenere ballando.
Il regista Jon Chu non fa rimpiangere assolutamente Anne Fletcher, perché non si limita a scopiazzare la giovanile storia di ballerini in cerca di successo, ma crea alla perfezione l’ambiente underground, fatto di stereotipati capetti che se la comandano, ragazzi che giocano a basket su campi d’asfalto, dove mettere in scena coreografie spettacolari, e sfide all’ultimo passo.
Anche i compagni di scuola di Andie, che all’inizio sono i classici figli di papà, vengono messi da parte, per far spazio a quelli, che all’apparenza risultano i soggetti della scuola, ma che in realtà sono dei veri e propri talenti del ballo.
A livello tecnico, le coreografie (create da Jamal Sims) vengono rappresentate come fossero dei videoclip, le scene sono veloci e se è vero che la storia passa in secondo piano per la sua semplicità (e una notevole dose di già visto, come la scontatissima storia d’amore tra i due protagonisti), il film non ne risente, merito del clima che musica e ballo riescono a creare.
Le tematiche trattate spaziano dal valore dell’amicizia, spesso confuso con l’appartenenza ad un gruppo, alla descrizione della vita di strada, dall’amore per la danza a quello per un ragazzo, ma più di tutto, Step Up 2, insegna (anche se in maniera elementare) a non dare importanza all’apparenza, ma alla sostanza.
Concludendo: colonna sonora di qualità (un nome su tutti: Missy Elliot), coreografie impressionanti e una storia godibile fanno di Step Up 2, un film impedibile per tutti gli amanti di ballo. Se cercate coinvolgimento avete scelto la pellicola giusta, ma se volete qualcosa di più complesso cambiate titolo.

7 commenti su “Recensione: Step Up 2”

  1. questo film è super stupendo ormai nn so nemmeno quante volte l’ho rivisto…l’attore è un gran figooo…lei molto brava ha davvero talento…molto meglio del primo straordinariiii!!!!baci

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  2. Step up 2 è sensazionale! I critici ke l’hanno bocciato vadano a quel paese!
    Vuol dire ke di cultura giovanile nn sanno 1 cavolo! E poi nn mi stanca mai!
    Lorivedri x la 20 esima volta! ciao

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