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Recensione: Lo scafandro e la farfalla – Un pugno nello stomaco

Lo scafandro e la farfalla è un pugno nello stomaco, è il tasto che serve per resettare la propria mente da stupidi problemi, che giornalmente noi trasformiamo in insormontabili.
Premetto: io non amo i film drammatici, ancor meno i film con persone malate o morenti, perché sto male con loro. Potete quindi immaginarvi come possa essere stato duro per me guardare un film come Lo scafandro e la farfalla (tratto dall’omonimo romanzo Le scaphandre et le papillon), la storia di un uomo colpito da un ictus, che riesce a comunicare con il mondo che lo circonda solo sbattendo la palpebra dell’occhio sinistro.
Pensare di averlo visto è stato ancora più difficile perché alla fine, prima dei titoli di coda, appare la scritta che testimonia la reale esistenza di Jean Dominique Bauby, l’uomo che, nonostante il grave problema fisico che l’ha colpito, è riuscito a scrivere un libro (dettandolo ad una donna utilizzando un alfabeto, che mette in ordine di maggior utilizzo le lettere, nonché la sua palpebra) e a lasciarci una testimonianza.


Sarebbe riduttivo riassumere la storia di Jean Do (che caso vuole sia assonante al famoso John Doe, nome che vien dato alle persone scomparse in america) nella mera descrizione della sua riabilitazione e del suo sogno di scrivere un romanzo a tutti i costi. Lo Scafandro e la farfalla è un inno alla vita, cantato da chi ha sfiorato la morte ed è rimasto intrappolato nel suo corpo, cantato da chi prima rinnega la vita, poi decide di affrontarla con tenacia, costanza, ma sopratutto con la memoria e l’immaginazione.
Jean (Mathieu Amalric) è la rappresentazione di tutte quelle persone colpite da ictus (talmente reale come personaggio da poter ricordare i nostri famigliari o i nostri amici che hanno subito la stessa sorte), ma non ricalca lo stereotipo dell’uomo ridotto a vegetale (E’ lui il primo a rifiutare un simile epiteto), ma nemmeno vuole essere commiserato anzi è pure capace a prendersi in giro (è splendida la scena dove lui ride della battuta del tecnico del telefono che, installandogli l’apparecchio, lo prende in giro chiedendogli se voglia, per caso, fare telefonate da maniaco).
Candidato all’Oscar come miglior fotografia (Janusz Kaminski – Schindler’s list, Salvate il soldato Ryan), miglior montaggio e miglior sceneggiatura non originale, diretto dal candidato all’oscar per la miglior regia Julian Schnabel (E’ suo il film Prima che sia notte, che portò alla nomination per l’oscar come migliore attore nel 2001 Javier Bardem), Lo scafandro è la farfalla merita completamente le nomination guadagnate (anche se non posso assicurarvi che meriti l’Oscar: il tema è veramente delicato ed è trattato in maniera esemplare, ma personalmente ho altri favoriti) e tutti gli apprezzamenti ricevuti dalla critica.
Permettetemi di menzionarvi il resto del cast, che ha contribuito con un’ottima recitazione alla riuscita della pellicola: Emmanuelle Seigner (La vie en rose), Marie-Josée Croze (Le invasioni barbariche), Jean-Pierre Cassel (Fiumi di porpora) e Max von Sydow (L’esorcista).
Concludendo: non voglio prendervi in giro dicendovi che è un film facile da vedere, consigliato a tutti per il bel messaggio che dà, per la sua poeticità, per la capacità di toccarvi il cuore. Capisco che può essere un film pesante, molto lento, interminabile, ma vi invito seriamente a prendere in considerazione la possibilità di guardarlo, magari proprio consapevoli dell’angoscia che vi può provocare, perché, usciti dal cinema, comprenderete che la vostra fortuna non è essere in salute, ma piuttosto di aver potuto ricevere un messaggio che vi sprona a vivere la vita ogni momento, un messaggio spedito da una persona, che pur di comunicare con voi ha imparato, anche se imprigionato nel suo corpo (lo scafandro) a farsi capire sbattendo la palpebra (come le ali di una farfalla) .

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