Da pochissimi giorni è approdato nelle sale cinematografiche italiane il film Amerikatsi, che è stato candidato dall’Armenia come miglior film internazionale e tra l’altro ha avuto modo anche di entrare nella short list finale degli Oscar. Per Amerikatsi si indica principalmente americano armeno, qui si racconta la storia di Charlie che nel 1948 fa ritorno in patria dopo essere sfuggito, da bambino, al genocidio nell’impero Ottomano.

Indicazioni sul nuovo film Amerikatsi
Avendo un’identità occidentale, Charlie viene subito condannato per cosmopolitismo, con un’Armenia che si ritrova con un nuovo protettore. Bisogna dire come questa pellicola non prenda spunto da una storia in particolare, ma si basa più che altro sulle varie testimonianze provenienti dai rimpatriati armeni e chiaramente dai loro discendenti. Un film che è stato girato nel 2020, durante quindi la pandemia, le cui riprese sono poi proseguite per altri cinque mesi.
Le varie scene di Amerikatsi sono state girate nelle città di Erevan, Gyumri e Ashtarak. Il carcere in cui si trova rinchiuso il personaggio di Charlie è una struttura di epoca sovietica ancora esistente, quindi reale, abbandonata nel periodo degli anni Novanta. Il regista Michael Goorijan ha raccontato come sia una pellicola dedicata a suo nonno, che viene rappresentato nella scena iniziale del film dove si vede un bimbo rinchiuso all’interno di un baule.
Suo nonno è stato una grandissima fonte di ispirazione e di insegnamento, infatti nonostante le brutte esperienze vissute, gli ha insegnato ad essere sempre positivo. Quest’anno ricorre il centodecimo anniversario di questo genocidio armeno, il primo genocidio di massa del Novecento, ma Amerikatsi non si concentra sulle terribili atrocità subite da tale popolo, piuttosto evidenzia un racconto nostalgico e poetico. Si entra in un contesto sicuramente complesso e difficile, dove il protagonista si ritrova ad essere condannato a dieci anni di prigione e di lavori forzati.
In questa cella di isolamento però Charlie nota un piccolo pertugio e da qui assiste a tutto ciò che accade nella vita del suo carceriere. Inizia ad insidiarsi nella vita delle persone che guarda dal quel buco, rivivendo le tradizioni di un popolo che gli permetteranno di ritornare a quelle origini che sembravano del tutto sparite.
Con questo sguardo verso l’esterno il protagonista avrà modo di riuscire a sopravvivere in un ambiente fatto soprattutto di abusi, sofferenze, tormenti. Charlie, con orgoglio, riesce a trovare la bellezza delle cose, guardando quindi ad un futuro positivo, nonostante tutto il male subito. Non è quindi una pellicola sul genocidio, ma evidenziare più che altro la bellezza di questo popolo.
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