Sky sul dtt, l’ambasciatore italiano all’Ue dice no

 La telenovela Sky sul dtt, si, no, forse si arricchisce di una nuova appassionante puntata, l’ennesima di una lunga serie, potete esserne certi. La storia sta assumendo i contorni di una caccia alla volpe, dove il cacciatore (Silvio) circondato dai suoi “cani” (non ce ne vogliano i ministri, l’accostamento è dovuto esclusivamente alla metafora in corso) sta facendo di tutto per fare lo sgambetto all’agile animaletto (Sky) intenzionato più che mai a trasformarsi da preda in predatore. A sbarrargli la strada nientemeno che l’ambasciatore italiano presso l’Unione Europea, Ferdinando Nelli Feroci.

L’antefatto: la scorsa settimana vi avevamo messi al corrente delle velleità di Sky, più che mai intenzionata a liberarsi dell’orpello legale che le impedisce di scendere dal satellite prima del 2012, al momento attraverso il grimaldello Cielo sulle frequenze del Gruppo Espresso, il marchio del tycoon australiano Rupert Murdoch, ha già avuto modo di far saggiare sul dtt la bontà della programmazione Sky, ma l’obiettivo a cui punta è ben più consistente, un multiplex tutto suo dove proporre programmi anche a pagamento (dal 2012 però), opportunità che l’Ue, a cui il marchio satellitare si è rivolta per avere il nulla osta, sarebbe disposta a concedere.

Pubblicità -19- La Spagna come L’Italia: troppi spot in tv

La Spagna come l’Italia: fra le tante caratteristiche che possiamo permetterci di spartire con i nostri cugini spagnoli, c’è anche una prossima, procedura d’infrazione a causa della mancata ottemperanza degli spazi pubblicitari, a quelle che sono le disposizioni europee, a cui tutti gli stati membri dovranno adeguarsi entro il 19 dicembre 2009.

Già di recente L’Italia si era trovata sotto l’occhio vigile della Ue, che attraverso il proprio membro della Commissione responsabile della Società di informazione e dei Media, Viviane Reding aveva affermato: “In Italia il numero di spot non è accettabile, non viene rispettato l’intervallo di venti minuti tra un inserto e l’altro

Di fatto Mediaset, una delle principali interessante in questo senso, soprattutto per l’utilizzo delle televendite non comprese nel computo degli spazi pubblicitari ripartiti per ogni ora, si era di recente rivolta al Tar del Lazio il quale aveva accolto il ricorso presentato da Rti-Mediaset e Publitalia ‘80, sull’entrata in vigore delle modifiche al Regolamento sulla pubblicità approvate dall’Autorità per le comunicazioni, posticipando l’adeguamento a tale normativa a tempi futuri.

Frequenze tv: Europa 7, un tipico caso italiano

Il dito inquisitore dell’ Unione Europea verso l’Italia. Ancora una volta il nostro Paese si fa riprendere sulla questione delle frequenze tv, era già successo a luglio quando la Commissione Ue aveva bocciato senza mezzi termini la legge Gasparri ingiungendo all’Italia di modificare entro due mesi la normativa in materia di radiotelediffusione. Lettera morta, l’impressione è che ora da un semplice richiamo si sia passati a toni più forti che non preludono a niente di buono.

Giovedì scorso la Corte europea di giustizia si è espressa in merito al caso di Europa 7 la televisione nazionale che ha ottenuto nel 1999 l’autorizzazione a trasmettere ma che di fatto da allora non ha mai avuto le frequenze necessarie a farlo.La sentenza Ue parla chiaro: il regime di assegnazione delle frequenze radio e tv in Italia è fuori dal diritto comunitario, in poche parole siamo un Paese fuorilegge, per i giudici Ue: “Tale regime non rispetta il principio della libera prestazione di servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”.

Parole che pesano come un macigno, in tutto questo tempo nel nostro Paese si è badato a tutelare i soggetti esistenti a svantaggio di coloro che avrebbero dovuto avere lo spazio necessario a trasmettere: insomma Europa 7 ha il diritto d’avere le frequenze tanto agognate, una notizia accolta con comprensibile soddisfazione da Francesco Di Stefano, patron di Europa 7, che ora si dice pronto ad ottenere ciò che gli appartiene: non solo soldi, visto che intende ottenere un cospicuo risarcimento, ma le frequenze di Retequattro che già anni fa avrebbe dovuto andare sul satellite ma che fu salvata da un decreto ad hoc che le consentì di proseguire regolarmente le trasmissioni in analogico.