Continua la saga dell’eroico soldato americano, Rambo (Sylvester Stallone), questa volta alle prese con una missione umanitaria e un conflitto interiore, che rendono, la sua vita da eremo, un tormento, le sue tranquille giornate, una lotta alla sopravvivenza.
Ritorna a due anni di distanza da Rocky Balboa, come regista e attore Sylvester Stallone, in un film che promette di mascherare la violenza con la scusa della giusta causa. Il messaggio che passa è: il fine giustifica i mezzi. Non basta il fine a giustificare lo spreco di pellicola perpetrato dal regista. Il film, privo di contenuti, lo definirei paragonandolo ai muscoli del protagonista: pompato, ma vuoto.
Prologo: John, mascherato da figlio dei fiori vive in Thailandia vicino al confine con la Birmania. La sua è una vita umile e modesta, fatta tutta di casa e lavoro (il barcaiolo). Le cose cambiano quando, un gruppo di missionari vuole andare in Birmania a portare la parola di Nostro Signore e con questa, far cadere il governo birmano, colpevole di vessare la popolazione dei Karen da ormai sessanta anni.