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Castelli contro il romanesco, troppo inflazionato

Il vice ministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, a margine della cerimonia d’inaugurazione del Polo della Cinematografia Lombarda (una sorta di Cinecittà Padana) attacca l’eccessiva presenza della cadenza romana nelle produzioni tv:

Che sia un bergamasco, che sia un altoatesino o un tedesco, comunque parlano tutti in romanesco. È una cosa insopportabile. Dà fastidio, non tanto per una questione localistica o campanilistica, ma è chiaro che il linguaggio è parte essenziale dei personaggi.

L’esponente leghista porta un esempio lampante, quello della fiction su Papa Giovanni XXIII, bergamasco verace:

Sentirlo parlare con accento romanesco è sbagliato storicamente. Dà fastidio da un punto di vista culturale.

Le reazioni alle parole di Castelli sono state tante a favore e contrarie. Quella più interessante, a mio modo di vedere, arriva dal suo alleato, l’onorevole Luca Barbareschi del Pdl, che ricorda le motivazioni dietro la scelta di girare a Roma piuttosto che a Milano:

L’industria dello spettacolo è a Roma e lo è sempre stata, per varie ragioni, non ultima che a Roma c’è il bel tempo, il sole, elementi che servono quando si girano i film, e non nebbia e pioggia, con le quali si possono girare solo alcune scene.

Barbareschi, inoltre, ricorda che ci sono altre priorità, riallacciandosi alla polemica sui tagli ai FUS (Fondi per lo spettacolo):

Prima di questo, sarebbe bene occuparsi della riforma dello spettacolo, di fare una legge per la reintegrazione del Fus e trovare regole affinché l’Italia possa far fronte alla “invasione” degli stranieri, che stanno conquistando quote di mercato italiano grazie a investimenti ingenti. Se non si fa questo rischiamo che il cinema non parli il romanesco o il lombardo e nemmeno italiano.

Personalmente credo che il cinema e la fiction italiana debbano parlare principalmente italiano, perché la lingua è un fattore aggregante fondamentale.

E’ vero, il romanesco è predominante nella fiction italiana (e il pensiero di Barbareschi ne è una valida spiegazione), ma ultimamente iniziano a sentirsi anche altre cadenze: Forse l’Onorevole Castelli non ha Sky e non si è potuto gustare Non pensarci, ambientato a Rimini e parlato anche in romagnolo o Nel nome del male, ambientato a Trieste e non parlato in romano.

Queste realtà si aggiungono a quelle già consolidate toscane (ad esempio i film di Pieraccioni), napoletane (ad esempio Un posto al sole) e siciliane (ad esempio Agrodolce). Prossimamente, su Canale 5, verrà mandato in onda il film tv (che diventerà serie) con Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti, Occhio a quei due, girata a Milano e certamente non parlata in romanesco. Eppoi: Massimo Boldi non parla in milanese nelle serie in cui è protagonista?

La predominante nella fiction italiana è romanesca, ma prima bisogna affrontare problemi ben più importanti, come salvare la nostra industria dello spettacolo: perché l’onorevole Castelli, già che c’è, non chiede spiegazioni al Ministro Bondi?

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