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Psicotivu – Leroy Jethro Gibbs

A volte penso che trovarsi di fronte un paziente con delle aspettative di entità variabile pone gli stessi dubbi di chi non sa se dire o no a un bambino che Babbo Natale non esiste.

La lunga, paradossale strada, che da una parte ci separa dallo stare bene, dall’altro ci separa dalla fine di tutti i giochi, è costellata di sensazione come questa, e attraversata di volta in volta da persone che di aspettative ne hanno poche, o nessuna.

E’ questo quello che penso mentre ascolto l’agente speciale Leroy Jethro Gibbs. Oggi sono di servizio per le forze armate, qualcosa di più marittimo, fortunatamente, dato che l’estate rende l’aria infernale.


Ma qui non siamo sotto l’ombrellone. Siamo di fronte a un probabile Disturbo Post Traumatico da Stress, acuito da una personalità dai tratti ossessivi, che un pò mi preoccupa, un pò mi rassicura. Ma il quadro non è così chiaro.

La vita come la immaginiamo, uno scorrere più o meno variopinto di immagini su un telo che cambia continuamente forma, come se fosse sotto vento, a volte viene scossa da folate violente e inaspettate.

A Gibbs è successo questo, e non tarda a dirmelo. Lo dice subito perchè ha avuto difficoltà a dirlo ai suoi amici e colleghi di lavoro, coi quali ha uno splendido rapporto, a suo dire, di reciproca, sanissima e convenzionale amicizia da lavoro.

Lo ascolto ma non gli credo, perchè quando ha finito di dirmi questo accenna un sorriso e abbassa per un attimo lo sguardo chiaro, come se stesse ricordando qualche momento particolare passato con qualche collega.

No, lui la vita di tutti i giorni in qualche modo l’ha ripresa. E’ rientrato nel meccanismo, ha ricominciato a respirarne l’odore degli ingranaggi quasi nello stesso modo in cui lo respirava prima.

Solo una parte di lui, però, è riemersa dal naufragio della sua vita, legato a quella terribile perdita; l’altra parte sembra sparita, chissà dov’è. Sarà annegata in quasi un elegante fade out, come un laconico Di Caprio sullo stendere di Titanic?

Oppure ha lottato con le unghie e con i denti, cercando di implorare qualcuno, chiunque, di premere rewind, come in Funny Games, per tornare a quell’istante prima, magari un’ora prima, tanto per essere sicuri al cento per cento.

Ma non si può, e che ci si creda o meno, per materialisti e mistici, il destino ha un disegno per tutti, e lo dimostra il fatto che io sto scrivendo, che tutti respiriamo, e così via. Allora tutto perde di significato, o meglio, lo si archivia, e si comincia a lavorare, perchè l’alternativa è quella di impazzire, perchè l’alternativa è il male di altra gente.

Mentre si apre con me, sento un groppo alla gola, e penso ai miei di affetti, e a quanto siamo tutti vicini tra di noi, anche solo tendendo meglio le orecchie e focalizzando meglio l’attenzione.

Gibbs conclude le sue frasi con quel sarcasmo che sono il taglio finale, il togliere gli spilli da una camicia nuova, il salto sulla prossima, identica pedana.

Io fornisco supporto, è uno dei miei lavori e cerco di farlo al meglio possibile. Tuttavia con Gibbs non riesco a non sentirmi dall’altra parte, non riesco a non immedesimarmi in chi gli ha voluto bene, in chi glie ne vuole ora.

Concludo la seduta, mi rendo conto, senza aver reso al top, ma sento, in compenso di aver ricevuto moltissimo.

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