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Pier Luigi Bersani a Italia domanda: un leader incerto che crolla su Crisafulli. Nebuloso sui giovani, svicola alla parola “Vaticano”

Pier Luigi Bersani, candidato premier del Partito Democratico, è stato il primo ospite di Italia domanda, programma di informazione condotto da Alberto Bilà che risorge dalle ceneri di una vecchia trasmissione di Gianni Letta. Appena Bilà ha spiegato la genesi del programma, ammetto di aver avuto i brividi e di aver capito dove sia stato partorito lo stretto collaboratore di Berlusconi. Ma me lo perdonerete, sono giovane e non conosco le carriere di tutti questi politici non più giovanissimi.In realtà Italia domanda non è stato nulla di particolarmente pericoloso: semmai a rivelarsi deleteria è stata la perenne incertezza di Pier Luigi Bersani, che su alcuni temi ha addirittura farfugliato. Non proprio il massimo che ci si aspetta dal futuro premier di un’Italia in crisi e con un alto tasso di disoccupazione giovanile.

Ed è proprio da quest’ultimo argomento che è partita la discussione, con un primo servizio nel quale dei ragazzi si lamentano di fare fatica a trovare un impiego ed un fisico è costretto ad emigrare all’estero. Bersani in studio dice che la politica economica di un Paese è il lavoro, ma ho avuto la netta sensazione che non abbia mostrato una ricetta.

Molto più ferrato il segretario del Pd si è mostrato invece sulle tasse: il blocco introduttivo stavolta ha mostrato quale sarà la politica fiscale che intende avviare il Bersani premier – su tutte, l’Imu progressiva – e dichiara inutile il redditometro, attuato e poi rinnegato da Monti. Peccato che Belpietro gli faccia notare, Ipad alla mano, che Bersani lo abbia sostenuto. L’emiliano replica che ne voterebbe cento di redditometri, ma non ne condivide la struttura. Qui parte bene e sembra ogni tanto andare in panico: non lo aiuta il voltarsi alla sua destra per cercare un sostegno nel suo staff. Infine una clip di Maroni che pare farsi campagna elettorale indicando il suo cognome con le mani, quasi fosse un messaggio subliminale: lo so, è di cattivo gusto, ma io ho avuto questa impressione. Maroni lo accusa di volere più tasse e Bersani perde inspiegabilmente le staffe. Eppure Santoro docet.

 Il dibattito prosegue sulle questioni in seno al Partito Democratico: si parla delle chiacchieratissime Primarie, con un contributo introduttivo più scanzonato sulle note del giovanilista Jovanotti e degli Stadio, all’interno del quale Matteo Renzi regna incontrastato. Bersani non smetterà mai di esaltarle – il 40 per cento di donne candidate secondo D’Alimonte, una percentuale scandinava successivamente confermata in studio – ma quella sensazione di vaghezza torna quando Belpietro gli chiede come vede la situazione al Senato. Ma anche qui non c’è nulla da fare: per Bersani conta vincere, il Senato è una questione che rimanda a data da destinarsi. In realtà è uno dei temi più controversi.

E il Porcellum? Qui Bersani ricorre a una delle tante metafore con le quali ha costellato la serata, dopo “Io prendo anche le balene” e “la polvere sotto il tappeto” riferito al fisco: “Quando abbiamo voluto cancellare il Porcellum ci han presi per il naso” spiega, ma il candidato premier dimostra di crollare su Crisafulli, uno dei tanti “impresentabili” inseriti nelle liste del Pd. La questione viene posta prevedibilmente da Belpietro, ma Bersani lo rassicura annunciando che la Commissione Giustizia di Berlinguer valuterà tali casi, una possibilità resa concreta dall’aver fatto le Primarie. Sì, ma perchè candidarlo se è indagato per abuso d’ufficio e definito “re delle amicizie mafiose e del clientelismo di Enna”?

Belpietro insiste accennando un “Sono stati fotografati … “ e Bersani lo tronca sul nascere: Poi arrivano le querele.  Deve farle anche agli altri queste domande”. Questo è ciò che un comunicatore non dovrebbe mai fare. Errore imperdonabile.

Cesara Bonamici, seduta in prima fila, in seguito gli pone un quesito su matrimoni e adozioni gay: Bersani è irremovibile, no adozioni – tuttavia con riconoscimento del figlio del genitore biologico – sì a unioni civili secondo il modello alla tedesca. Visman Cursera de Il Messaggero in compenso si rende protagonista dell‘intervento più coraggioso degli ultimi anni: fa riferimento esplicito all’ostacolo Vaticano. Bersani spera di non dover fare una battaglia, ma alla fine svicola come al solito, ripiegando su figli degli immigrati senza diritti, parità di genere e via discorrendo. Nessuna ostentazione di autonomia, altrimenti la Bindi chi la sente stasera.

Il programma si chiude con un question time di Bilà che scivola su “Monti avvocato” anzichè “avversario”, ma si corregge subito. Infine, alla domanda “Come sogna il suo Paese?”, Bersani risponde “Un Parlamento pieno di giovani”. Forse l’uditorio si sarebbe aspettato una risposta più attinente alle sorti dell’Italia che a quelle delle due Camere. L’impressione è che un leader incerto sia caduto nelle poche trappole tese da una trasmissione tutto sommato innocua. Più masochista di Paola Binetti.


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