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L’emergenza democratica di Marco Travaglio

Dopo aver visto intere giornate televisive dedicate a monologhi, talk show e siparietti comici sul nuovo Papa, finalmente in tv si torna a parlare di politica. Ieri sera, nel consueto appuntamento con Servizio Pubblico su La 7, Marco Travaglio ha commentato i fatti politici della settimana. Ovviamente ampio spazio è stato dedicato ai deputati del PDL che hanno protestato davanti il tribunale di Milano: “In molti hanno apprezzato il coraggio di alcuni noti imputati, che sono entrati in tribunale correndo il rischio di essere riconosciuti e trattenuti per accertamenti”.

Già, perché ormai il paradosso è proprio questo. Gente condannata per qualsiasi cosa, indagata per essersi intascata soldi pubblici (e poi inspiegabilmente rieletta) che protesta per chiedere giustizia. Tutto ormai è perennemente assurdo, che ormai nessuno si scandalizza più seriamente. E poi ci stupiamo, magari offendendoci pure, se all’estero ci prendono perennemente in giro. A volte mi sembra di vivere a Paperopoli, Topolinia o in Padania…. insomma, in un Paese inventato frutto della fantasia umana.

 

Travaglio prosegue: Berlusconi non può essere processato prima delle elezioni perché ha a che fare con la campagna elettorale. Processarlo dopo non si può perché avrà a che fare con l’importante fase politico-istituzionale (e magari nel frattempo lo eleggono pure Presidente del Senato o della Repubblica). E quindi i processi quando si fanno? Praticamente mai.”

Il guaio è che anche chi dovrebbe vigilare non dice nulla: Napolitano fa i soliti discorsi in cui, per non sbagliarsi, dà ragione a mezzo mondo. E l’opposizione? Sparita, dato che adesso i voti del PDL sono importanti per le elezioni dei presidenti delle Camere e per la fiducia al nuovo Governo. Citando Travaglio: “Il guaio è che ormai nessuno può più dire nulla, perché tutti sono responsabili dello sfascio degli ultimi anni. La vera emergenza democratica è proprio questa: una classe politica che non sarebbe credibile neanche copiando le proposte dal Vangelo”.

 

Forse la politica dovrebbe prendere davvero spunto dalla Chiesa: Ratzinger, essendo tedesco, ha già dimostrato di conoscere il significato della parola italiana più sconosciuta agli italiani: la parola dimissioni.

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