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Avetrana è Uomini e donne col morto (con o senza Un giorno in pretura)

Chiedo scusa anticipatamente per il titolo apparentemente fuori luogo, ma con tutto il rispetto possibile per la povera Sarah Scazzi è davvero difficile non notare come il processo di Avetrana mostrato in parte da Un giorno in pretura di Roberta Petrelluzzi (il sabato alle 23.50 su Rai3) abbia assunto una sceneggiatura involontariamente comica.

Ammetto di aver sempre snobbato i contenitori di cronaca nera incentrati sul delitto di Avetrana, da Quarto Grado a tutta la carovana di prodotti Videonews con il Cinque e Live davanti, quasi sempre al limite del morboso, ma Un giorno in pretura, storico programma del sabato sera di Rai3 condotto da Roberta Petrelluzzi – che ne è anche regista – ha il pregio di mostrare il processo nudo e crudo, (quasi) senza fronzoli e con brevissimi interventi della sua conduttrice, la cui prossemica è assimilabile a quella di Rita Dalla Chiesa.

Il processo nudo e crudo a mio parere è rivelatore di un’analisi sociologica dei suoi protagonisti: il primo, decisamente lapalissiano, è il basso livello culturale dei comprimari, dal quale non sono esenti  nemmeno i più giovani, che si suppone abbiano il privilegio rispetto ai propri familiari di frequentare la scuola. A parte un’incerta padronanza dell’italiano da parte di tutti, i ragazzi sono apparsi privi di una corretta informazione o educazione sessuale. A dimostrarlo questo breve dialogo, del quale chiedo scusa per i termini espliciti:

Pubblico Ministero a Ivano Russo: “Lei ha avuto un rapporto completo con Sabrina?“;

Ivano: “Ci siamo denudati, ma non c’è stato rapporto completo“;

Pm: “C’è stata penetrazione?“;

Ivano: “Sì, c’è stata”.

Quando ho udito un simile dialogo non volevo credere alle mie orecchie. Possibile che nel 2013 un ragazzo non più giovanissimo debba esibire un’ignoranza  abissale? Un’affermazione del genere equivale a dire: “Ho bevuto dell’acqua ma non era bagnata“.

Un altro tipo di riflessione che emerge dalla visione di parte del processo è a mio avviso questa: i ragazzi hanno assorbito in maniera inconsapevole la grammatica dei reality show, dal Grande Fratello a Uomini e donne. Il basso livello culturale è compensato dall’assuefazione a questi modelli “culturali” che sono diventati il background dell’imputata e degli altri giovani testimoni. Il corteggiamento di Ivano da parte di Sabrina non può non ricordare il tronismo (Sabrina: “Il comandamento diceva Non nominare il nome di Dio invano e io lo trasformai in Non nominare il nome di Dio Ivano“). E non dimentichiamo che il fratello della defunta, Claudio Scazzi, mirava ad entrare nell’agenzia del controverso Lele Mora. Sia chiaro, il problema non è guardare il date show di Maria De Filippi – lo si può seguire anche per dissacrarne i protagonisti – ma elevarlo a modello della propria esistenza.

Naturalmente, nulla può giustificare l’omicidio della povera Sarah Scazzi, tuttavia Un giorno in pretura è riuscito laddove la concorrenza ha sempre fallito, ovvero fornire un quadro socio-culturale senza mediazioni di interviste in studio, proprio perchè la formula del programma non lo richiede. (Michele Misseri a furia di presidiare i pomeriggi festivi ormai era diventato il co-conduttore abusivo di Domenica Live, a margine di alcune interviste addirittura si autoinvitata per la puntata successiva). Anche se l’utilizzo di “I’m with you” di Avril Lavigne come colonna sonora nei brevi spezzoni nei quali era inquadrata Sarah Scazzi era evitabilissimo. Non è un reality.

 

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