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Standoff: le cause di un insuccesso annunciato

Il primo episodio di Standoff è stato seguito, ieri sera su Italia 1, da due milioni di spettatori, eppure si può parlare di un insuccesso annunciato, motivato dal fatto che negli Stati Uniti la serie ha già chiuso i battenti alla fine della prima serie per crisi d’ascolto e che dunque, anche se da noi dovesse prendere piede, non ci sarà un seguito.

A dire la verità anche da noi, puntata dopo puntata il pubblico ha perso interesse nelle storie della squadra ell’Unità di Negoziazione di Crisi, scendendo sotto il milione e mezzo di media nel terzo episodio.


Standoff non sarebbe neppure un prodotto scadente, ma ha un problema, che credo abbia condizionato in maniera negativa la sua breve vita: ridurre un sequestro in venticinque minuti (il resto del minutaggio è usato inutilmente per rendere i protagonisti più umani, ma col disastroso risultato di descriverli come infantili e inopportuni), toglie tutta la tensione che la lunga attesa del rilascio di un ostaggio può offrire.

Cambiano le situazioni, ma non lo schema della fiction: il sequestratore prende in ostaggio delle persone, fa delle richieste, intervengono i negoziatori, che poco prima che la SWAT irrompa riescono a trovare il modo per far ragionare il malavitoso e neutralizzarlo.

Secondariamente, sapendo già che le opzioni del finale sono solo due (o vince il sequestratore o il negoziatore) e vedendo già il colpevole, l’arma con cui minaccia gli ostaggi e il luogo in cui sono tenuti, la sola motivazione di un tale gesto sconsiderato non è sufficiente a catturare l’attenzione dello spettatore.

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