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La Rai e l’usato sicuro: quando l’usato potrà essere rottamato?

La Rai ha presentato i palinsesti autunnali e gli strascichi polemici non mancano: il Codacons si lamenta che l’azienda pubblica abbia pensato ai programmi di settembre, ma non si sia preoccupata di evitare ennesime repliche in estate; media e web attaccano il presidente della Rai Paolo Garimberti che, parlando dell’autunnale programmazione fotocopia di Raiuno, Raidue e Raitre, soddisfatto al Tg1 ha usato i termini “Usato sicuro.

La soluzione che abbiamo adottato è quella della sicurezza e della continuità. Abbiamo una strada tracciata: è andata bene la scorsa stagione, la Rai ha avuto successi e abbiamo scelto di proseguire su questa strada. Poi verranno anche i tempi per maggiori innovazioni, ma più in là. Adesso andiamo sulla strada sicura, sull’usato sicuro come si può dire.

Se la Rai non fa sperimentazione chi la può fare (a parte Mediaset che la fa sempre e soltanto a parole, comperando format dall’estero o modificando i propri programmi)? Quando parla di innovazione Garimberti a cosa si riferisce?

Garimberti si vanta che la Rai produce con risorse interne il 75% dei programmi che manda in onda (fonte Asca), poi però si scopre che quelli più proficui all’azienda sono quelli della Endemol (primo Affari tuoi, secondo La prova del cuoco). Se tre programmi su quattro sono confezionati da Mamma Rai, perché i due che rendono di più sono esterni? Forse perché molti programmi prodotti in Rai sono un servizio pubblico. Perché non iniziare a svecchiare quelli?

Perché la Rai non apre le porte in estate ai giovani autori, mettendo a disposizione i mezzi della Rai e dei budget anche irrisori, per creare nuovi programmi adatti ad ogni fascia oraria? Perché l’usato sicuro non può essere qualcosa Made in Italy e più adatto al nuovo millennio? Forse perché non conviene, non tanto a livello economico, quanto dal punto di vista umano: se il nuovo avanza il vecchio rischia di andarsene a casa.

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