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Claudio Brachino, sospeso dall’ordine dei giornalisti per il servizio su Mesiano, parla di condanna politica

Claudio Brachino, direttore responsabile di Videonews, è stato sospeso per due mesi dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia a causa del servizio trasmesso a Mattino Cinque, dedicato a Raimondo Mesiano, che descriveva i comportamenti “stravaganti” del giudice che aveva condannato Fininvest a risarcire la Cir 750 milioni di euro. L’ordine ha comunicato (fonte Repubblica.it):

Brachino è stato sanzionato per aver messo in onda un servizio filmato contenente “immagini diffuse in violazione dell’art. 2 della Legge istitutiva dell’Ordine, la n. 69 del 3 febbraio 1969 nonché degli art. 137 Dlgs 196/2003 e 6 del Codice deontologico”.

Secondo l’ordine il servizio che ha vietato le leggi deontologiche e la violazione della privacy è stato trasmesso:

al fine di screditare la reputazione del protagonista del video e delegittimare agli occhi dell’opinione pubblica la sentenza da lui emessa in precedenza nei confronti di Fininvest. Con immagini non essenziali e prive in sé di interesse pubblico in quanto notizia, il servizio ha prodotto un effetto diffamatorio nel suo insinuare presunte stravaganze e stranezze del personaggio, fino a sfiorare il vero e proprio dileggio. Immagini non essenziali (addirittura il colore dei calzini) costituiscono l’unico contenuto del servizio e sono sostenute da un commento in stile gossip. Risulta quanto meno fuorviante alimentare dubbi sulle inchieste di un giudice in virtù della scelta del colore dei suoi calzini.

Claudio Brachino ha replicato alla decisione di sospensione parlando di condanna politica:

Farò immediato ricorso contro un provvedimento che giudico profondamente ingiusto. Mi limito a far notare che subito dopo la trasmissione in un editoriale anche autocritico ho analizzato a freddo quanto accaduto, ponendo una serie di domande sul merito della vicenda sottostante il servizio, a cui nessuno si è preso la briga di rispondere. Nonostante il linciaggio mediatico a cui sono stato sottoposto, ho risposto tempestivamente alla convocazione dell’Ordine discutendo la questione con impegno e serietà. Per tutti questi motivi non posso non pensare che si tratti di una condanna simbolica e tutta politica da parte dell’organismo che dovrebbe tutelare, al netto di ogni calcolo di convenienza ed opportunità, la libertà della categoria.

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