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L’arte della recitazione: intervista a Luca Lazzareschi – esclusiva Cinetivù


Luca Lazzareschi attore di cinema (Vuoti a perdere) e televisivo (Incantesimo 4), una vita per il teatro, in scena fino al 5 aprile al Teatro Eliseo di Roma con l’Amleto di William Shakespeare, diretto da Pietro Carriglio e un cast di tutto rispetto: Galatea Ranzi, Stefano Santospago, Nello Mascia, Eva Drammis, Simone Toni, Sergio Basile, Franco Barbero. Noi di Cinetivù lo abbiamo incontrato per una piacevole chiacchierata.

Luca per un attore di teatro come te, possiamo dire che un’opera di Shakespeare, l’Amleto in particolare, rappresenta un’esame d’altissimo livello?

Recitare Shakespeare è sempre una tappa importante per un attore. La parola di Shakespeare è ardua, complessa da governare; il linguaggio barocco, le metafore, i pensieri profondi, aspri, filosofici e poetici insieme esigono dall’ attore il massimo della generosità espressiva, dell’energia e al contempo, il massimo del controllo tecnico. Amleto poi con le sue vette inarrivabili di poesia e i suoi abissi di lucido pensiero rappresenta per un attore certamente un esame della sua “maturità artistica”, per così dire. La sua coscienza scissa tra volontà di azione e oblio nell’eccesso di ragionamento, sono per un attore salti mortali espressivi con cui si deve inevitabilmente, misurare, portando le nevrosi di Amleto dentro di sé e quindi, viverle egli stesso.

Come sei riuscito a fare tuo un personaggio complesso, dalla personalità tormentata, come quello del principe di Danimarca?

Ho visto e rivisto molti amleti teatrali e cinematografici, ho letto saggi di ogni genere, ho cercato di studiare molto. Ma, alla fine, tutto ciò deve essere dimenticato e il personaggio deve nascerti e viverti dentro in modo naturale. Ho cercato di essere pronto ad ospitarlo, offrendo di me ciò che ad Amleto potesse servire. Ho cercato di fare mie le sue pulsioni, le sue nevrosi, i suoi conflitti, la sua vera/finta follia e naturalmente, questo processo è bilaterale. Spero che Amleto abbia rubato qualcosa anche a me.

Quali sono le caratteristiche dello spettacolo rispetto ad altre edizioni?

Il testo è rappresentato nella sua quasi integralità, nelle 3 ore e 40 vivono tutte le scene più importanti, con piccoli tagli interni, che non snaturano l’integrità del testo stesso. Grazie alla regia di Carriglio, la parola di Shakespeare è, in questo spettacolo, sovrana, insieme ad una messa in scena di grande effetto spettacolare e di alto valore estetico, formale e figurativo.

Impressioni e commenti sui tuoi colleghi della compagnia del Teatro Biondo Stabile di Palermo?

La Compagnia del Teatro Stabile di Palermo è di alto livello, sotto la direzione di Pietro Carriglio, è stata per me una grande fortuna e un privilegio recitare accanto a Galatea Ranzi, grande attrice, a Nello Mascia, Luciano Roman, Sergio Basile, Paolo Musio, Simone Toni, Eva Drammis, Luigi Mezzanotte, Franco Barbero e tutti gli altri bravissimi interpreti. Da non dimenticare poi che spettacoli così complessi si avvalgono di tecnici altrettanto straordinari. Il pubblico spesso ignora che dietro le quinte, nel buio, lavorano molte persone. Vorrei ricordare per tutti in nostro bravissimo direttore di scena, Sergio Beghi, che governa il retropalco con autorevolezza e gentile fermezza.

Una volta terminata la tappa romana quali saranno le prossime?

Dopo Roma e una settimana di pausa pasquale andremo a Trieste e poi a Brescia. E a Brescia terminerà, per quest’anno la tourneè di Amleto. Riprenderemo poi lo spettacolo a marzo e aprile del 2010.

In passato hai recitato con i più illustri registi da Gabriele Lavia a Glauco Mauri, da Vittorio Gassman a Giuseppe Patroni Griffi, hai un ricordo, un aneddoto da poter raccontare?

Avrei molte storie da raccontare…Io ho una formazione prevalentemente primattorale, cioè ho più spesso lavorato con i grandi attori che, a volte, erano anche registi. Oltre al mio primo, indimenticato Maestro, Vittorio Gassman, io sento di dovere molto a Gabriele Lavia, con cui ho fatto se non ricordo male 10 spettacoli. A lui ho cercato di “rubare” tutto quello che potevo. E’ un grandissimo Maestro uomo di teatro. Per me un punto di riferimento costante. Così come devo molto anche a Umberto Orsini e poi a Giorgio Albertazzi e a Glauco Mauri. A tutti questi grandissimi attori ho cercato di “rubare” qualcosa.

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Qual’è al momento secondo te la condizione del teatro in Italia?

La crisi è grave, lo sappiamo e investe tutti noi, teatro compreso. Una maggiore attenzione delle istituzioni per il teatro e per la cultura in generale sarebbe, ovviamente, doverosa e necessaria.

Il teatro è una palestra insostituibile, quanto differisce la recitazione da quella su un set cinematografico o televisivo?

Il teatro è necessario per la formazione di un attore. Secondo me un attore che non ha mai fatto teatro non si può dichiarare tale. Forse è una visione un po’ snob della professione, ma è quello che penso. Si impara a recitare sul palcoscenico non altrove. Per quanto riguarda la differenza tra la recitazione teatrale e cinamatografica si tratta solo di misurare i mezzi espressivi. Ci vuole pratica ovviamente. Ma è solo questo. Charles Laughton diceva che nella recitazione cinematografica la “musica” è negli occhi…In teatro la “musica” è anche il corpo, la parola, il gesto.

Cosa consigli a chi vuole fare l’attore?

Studiare, studiare, studiare…Credere fortissimamente di poter arrivare là dove si vuole arrivare. Frequentare una scuola e poi subito lavorare, farsi le ossa, proporsi per i personaggi. E avere un po’ di fortuna.

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