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Giovanni Benincasa a Cinetivù: “The Call è un esperimento che spero funzioni”

E’ un Giovanni Benincasa di ottimo umore quello che abbiamo incontrato prima della seconda puntata di The Call (Chi a paura di Teo Mammucari?), programma di cui è autore in onda su Italia 1 ogni venerdì per tre settimane. Benincasa ha firmato alcune storiche trasmissioni televisive tra cui Libero e Carramba che sorpresa! Ecco cosa ci ha detto a proposito della sua nuova “creatura”.

Come è nata l’idea di The Call?

E’ una idea della Neo Network, società del Gruppo Magnolia che mi ha chiesto di realizzare una trasmissione che si ispirasse in qualche modo a Libero, con l’innesto di concorrenti. Anche Teo Mammucari ha fatto la sua parte, cosi è nata The Call (Chi a paura di Teo Mammucari?)

E’ l’erede naturale di Libero?

Assolutamente no…Libero è un’altra cosa più show e meno telefonate. In The Call, programma decisamente low budget, ci sono dei concorrenti, è messo meglio in evidenza il concetto di gara e la capacità di chi partecipa di far fronte all’imprevedibilità della reazione di chi risponde.

Pensi che la collocazione al venerdì sia penalizzante?

Non penso proprio, anzi devo dire che il venerdì come giorno di messa in onda è l’ideale, se la prima puntata è stata un po’ sotto tono a livello di audience è solo perché ci siamo dovuti confrontare con una contro programmazione consistente. La televisione ormai è cambiata, ogni giorno bisogna gareggiare con le trasmissioni degli altri che ti concedono sempre ben poco.

Cosa pensi della critica di Aldo Grasso che ti cita nell’articolo sul Corriere scrivendo:“È proprio necessario che un autore, Giovanni Benincasa (50 anni), sublimi le frustrazioni autoriali dando sfogo a un malcelato cinismo?

Aldo Grasso otto volte su dieci ha sempre ragione, io non penso di far parte delle restanti due! (sorride n.d.r). Probabilmente ha ragione quando dice che mi sento un po’ frustrato come se avesse fatto una diagnosi medica, mi ha fatto molto ridere. Comunque The Call è stato concepito per sole tre puntate, un po’ poco per correggere eventualmente il tiro, bisogna prenderlo per quello che è: un esperimento.

Pensi che il digitale terrestre permetterà agli autori come te di sperimentare nuove idee?

Io me lo auguro, è difficile in questo Paese proporre idee nuove, visto che storicamente si è importato sempre di tutto, non riusciamo a fare televisione quindi ci ispiriamo a quella degli altri. Siamo dei grandi creativi ma quando si tratta di ideare cose nuove per la tv ci troviamo in difficoltà. Io sono del parere che non servono idee, servono programmi, inventare qualcosa può risultare semplice, realizzarla diventa però complicato, perché ormai quando bisogna trasmettere qualcosa si vuole andare sul sicuro, con la certezza di avere un riscontro da parte del pubblico, senza il quale un prodotto nasce già morto. Dovrei fare anche un ampio excursus su come si fa televisione in Italia ma preferisco evitare.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ne ho tanti. In tutti questi anni di lavoro ho tentato di far realizzare molte cose nuove, ma a proposito di quello che dicevo in precedenza, nella maggior parte dei casi non ci sono riuscito, in questo do ragione a Grasso quando dice che sono un po’ frustrato (ride ancora n.d.r). In cantiere ho un programma che si chiama Gividì, ripercorre 30 anni di televisione italiana attraverso i formati più conosciuti , realizzato esclusivamente con dei filippini, più altri progetti che non dico per scaramanzia anche se ormai converrebbe fare il contrario tanto non riesco a realizzarli lo stesso!

Grazie a Giovanni Benincasa! Al prossimo progetto tv!

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