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Recensione: Una moglie bellissima

Una storia come tante, in un’Italia di provincia dove la vita scorre lentamente tra il lavoro, la famiglia ed i sogni di una coppia, che altro non chiede alla vita se non la tranquillità economica. E’ la storia di Mariano e Miranda, sposati da dieci anni, che vivono in un paesino agricolo della Toscana, dove gestiscono un banco di frutta e verdura.

Vita tranquilla, vacanze in campeggio, unico sogno nel cassetto quello di comprare un negozio in muratura per trasferirvi la propria attività. Tra le cassette di frutta, la bellezza di Miranda (Laura Torrisi) non può non essere notata dagli avventori abituali o di passaggio, tanto che  un fotografo di moda viene totalmente rapito dalla sua sensualità, fino al punto da proporle di posare nuda per un calendario. Inizialmente la coppia rifiuta, ma poi , pensando al progetto da realizzare ed alla cifra stratosferica offerta per i dodici scatti, si lascia convincere.

In poco tempo il tranquillo menage quotidiano della famiglia viene sconvolto, trascinato alla deriva come una barca in un mare in tempesta. Anzi, come uno yacht in un fiume di champagne, perché è questo ciò che attende Miranda, mentre il povero Mariano resta a terra.
Una storia non troppo lontana dalla realtà, perché un qualunque Gabriel Garko potrebbe irrompere nella vita di ognuno e trasformare sogni inconfessati in concretezza.

Un Pieraccioni che torna dietro la macchina da presa e cerca di raccontare un’Italia di provincia, sana e pura, con una trama, a dire il vero piuttosto annacquata, sterile, pur nella simpatia che gli si deve di fatto riconoscere. Scontata e inopportuna la critica alla mondo dello spettacolo, alla politica ed ai costumi italiani, anche se la gag alle Seychelles, in cui Mariano cerca di spiegare ad un indigeno le assurdità del nostro Paese (le tre I: ICI, IVA, Indulto), è piuttosto divertente.

Ma le scene di questo peso sono realmente poche per un film da cui ci si aspettava qualcosa in più, almeno sul lato del divertimento. Da salvare l’interpretazione del solito Ceccherini e di Rocco Papaleo, caratteristi sempre pronti a tenere in piedi un copione spesso scialbo. Poco concreto invece il fotografo Gabriel Garko (ma nessuno si aspettava che potesse fare di meglio, vista la pochezza espressiva dell’attore).

Dunque un film natalizio, dove l’aggettivo sta per “ecco un modo per attirare spettatori sotto le feste”, che sicuramente riuscirà nell’intento di riempire le tasche della Medusa, ma che lascia poco o niente allo spettatore. Non si dovrebbe parlar male di un film italiano, ma sinceramente il prodotto non è all’altezza di altre produzioni internazionali.

Se capitate in un multisala, scegliete un altro film.

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