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Recensione: Tropa de Elite

Nel 1997, alla Squadra d’elite di Rio, il famoso BOPE, formata da 100 agenti al di sopra della legge, viene assegnato il compito di ripulire la favelas vicino al vescovato dove, tre mesi dopo, Papa Giovanni Paolo II avrebbe dovuto alloggiare durante la sua visita nella città carioca.
Il capitano della squadra Nascimento (Wagner Moura) accetta un po’ contrariato il nuovo compito che gli è stato affidato, perché sua moglie è in attesa di un bambino e non vuole rischiare la propria vita ora che sta per diventare padre. Per questo motivo decide di partecipare a quest’ultima missione, scegliendo personalmente, in contemporanea, il suo successore, attraverso la gestione personale l’addestramento alle nuove leve che vogliono entrare nella squadra.
I due papabili Neto (Caio Junqueira), molto istintivo e pronto a tutto per far rispettare la legge e André Matias (André Ramiro), un ragazzo di umili origini, razionale, che crede ancora nella giustizia, sono entrambi candidati perfetti perché coraggiosi e non corrotti, a differenza della maggior parte della polizia ordinaria, ma uno è privo di riflessività, l’altro di cuore.


Tropa de Elite, il film Orso d’Oro al cinquantottesimo Festival del cinema di Berlino, è un crudo spaccato della realtà brasiliana, fatta di gruppi di malviventi capaci di ammazzare barbaramente i propri componenti, di polizia corrotta, connivente con la malavita locale e di truppe speciali, i buoni, che in alcuni casi eccedono in nome della legge, dimostrando di non essere molto meglio di quelli a cui danno la caccia.
Lo sceneggiatore Bráulio Mantovani, dopo averci mostrato la vita nelle favelas con lo splendido Cidade de Deus (City of god), torna sul luogo del delitto raccontandoci la stessa situazione dall’esterno, attraverso gli occhi delle forze dell’ordine.
A livello tecnico il regista José Padilha, rappresenta esplicitamente il punto di vista delle Tropa De Elite, facendo raccontare seccamente la storia dal capitano Nascimento, facendoci visitare le baracche dei quartieri poveri soltanto quando entrano in azione loro, spesso con camere a mano, soffermandosi sulla crudeltà dei loro atteggiamenti, non solo nelle retate, ma soprattutto nell’addestramento della truppa (omaggio a Full Metal Jacket, con la durezza del registro linguistico e per le scene raccapriccianti), lasciando in secondo piano la caratterizzazione dei malviventi.
Concludendo: il primo film high-budget della storia del cinema brasiliano (4 milioni di dollari), è senz’altro un ottimo prodotto, che non sfigura con le pellicole made in USA e da cui possono nascere numerose discussioni a livello sociale (è giusto arrivare alla tortura solo per la sicurezza dei cittadini? Come si può combattere la corruzione? Quali soluzioni si possono adottare per eliminare la tremenda povertà della popolazione).
Musica, montaggio, ritmo e storia vera (scritta sulla base di testimonianze di ex poliziotti), sono solo alcuni dei tanti motivi che fanno di Tropa De Elite, un film assolutamente da vedere, se non ci si scandalizza facilmente e se non si cerca l’azione spettacolarizzata.

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