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Recensione: Saw IV

Saw IV, che tutti erroneamente definiscono come seguito di Saw III, di cui lo è solo come creazione, ma non come fatti narrati, che sono contemporanei (o antecedenti) al terzo capitolo, vede nuovamente protagonista il serial killer più splatter del cinema, John Kramer, più conosciuto come Jigsaw (Tobin Bell).
Il comendante della SWAT, Rigg (Lyriq Bent), persona molto istintiva, che non sa aspettare il momento giusto e volendo salvare tutti, rischia sempre di non salvare nessuno, ha 90 minuti di tempo per rintracciare i suoi due colleghi rapiti dall’enigmista.
Le regole che deve seguire per poter recuperare sani e salvi l’ispettore Hoffman (Costas Mandylor) e Jeff (Angus Macfadyen, il protagonista del terzo Saw), corrispondono ad una sorta di iniziazione: Rigg può portare a termine la missione soltanto vedendo, provando emozioni e ragionando come Jigsaw, ma soprattutto rispettando il principio che le persone devono trovare la salvezza da soli.


Saw IV, diretto nuovamente da Darren Lynn Bousman, ha tre grandi difetti, che rovinano un film, che in fin dei conti, ha sempre il suo fascino: è troppo splatter (alcune scene sono davvero gratuite), è comprensibile nella sua totalità solo se ci si ricorda bene la storia del terzo film (spesso le vicende si intrecciano), usa troppi flashback per dare risposte idonee a supporto della storia principale (la storia di Rigg può anche essere credibile, ma quella di Jigsaw sfiora la pazzia).
Il film inizia dalla fine, con un’autopsia dettagliata del corpo di John e si sdoppia in due storie: la genesi del serial killer (la causa del suo voler essere giustiziere giusto, non dipende solo dal tumore, di cui sappiamo già tutto dal primo capitolo, ma anche da un figlio perso) scoperta dall’agente Strahm interrogando più volte Jill (Betsy Russell), l’ex moglie e la corsa contro il tempo di Rigg.
Rispetto ai precedenti episodi della saga, Saw IV è più splatter (esaltante, per gli amanti del genere, la prima trappola, composta da una persona accecata e una con la bocca cucita, legati insieme da una catena), ma meno insistito (il film non si basa tutto sui soli macchinari da tortura), più ragionato (colpo di scena finale molto simile al primo, che dà completezza alla storia e che rivela un nuovo complice per l’enigmista) e meno abbozzato (ogni punizione è adeguata al crimine commesso; la predestinazione della testa come parte del corpo destinata ad assolvere i peccati; l’attenzione data alla scelta delle parole), più dispersivo (continui cambi di scena e di storia fanno calare di colpo la tensione) e meno imprevedibile (chi ha visto i precedenti film sa cosa deve aspettarsi: tanto sangue, macchinari di tortura e riassunto finale con tanto di colpo di scena).
Concludendo: Saw IV non è all’altezza del primo (anche perché il primo è stata la causa della contaminazione fra genere horror e splatter per tanti film che l’hanno seguito), ma è molto più interessante del suo predecessore. Se lo si valuta singolarmente, Saw IV non è inferiore a nessuno degli ultimi film horror usciti. Sta a voi decidere se è un bene o un male.
Consigliato agli amanti dell’horror sanguinolento.

4 commenti su “Recensione: Saw IV”

  1. Prima della lettura di questa recensione,lo ammetto a testa bassa,facevo parte anch’io di coloro che storcevano il naso pensando a cosa potessero inventarsi per dare un seguito a SAW III(che già di per sè non aveva ragion d’essere)…………….Dopo aver letto questa recensione invece penso di unirmi alla maggioranza di coloro che sicuramente non andranno a vedere SAW V – La genesi(Vedi L’esorcista la genesi,Non aprite quella porta-l’inizio della fine etc etc)dove l’ingenuo spettatore scopre che il buon Jigsaw in realtà era un pazzo mitomane ancora prima di perdere un figlio o far finta di avere una malattia mortale!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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