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Recensione: Il petroliere – Un film da vivere più che da guardare

Il petroliere, candidato all’oscar per la migliore regia, il miglior montaggio, la migliore scenografia, miglior fotografia, miglior sceneggiatura non originale, miglior sonoro e miglior attore protagonista, narra trent’anni (1898-1927) di vita di Daniel Plainview (Danny Day-Lewis), un minatore, che nel 1898 cercando un giacimento d’argento, s’imbatte in un giacimento di petrolio.
Il petroliere, diretto magistralmente da Paul Thomas Anderson (Magnolia), racconta, attraverso primi piani e panoramiche, suoni assordanti e silenzi angoscianti, la vita di un uomo in continua competizione con il mondo, alla continua ricerca del successo, pronto a tutto per ottenerlo, dal crearsi una storia strappalacrime (la moglie morta per dare alla luce il figlio), al rinnegare se stesso e il suo credo (la confessione pubblica di essere un peccatore) pur di avere terre da trivellare.
There will be blood (il nome originale della pellicola) è la vita di un bambino, H.W. (Dillon Freasier) orfano rimasto sordo in seguito all’esplosione di un pozzo, preso dal protagonista per non rimanere solo, e perso dallo stesso per la sua incapacità di amare; è l’avidità di un ipocrita predicatore opportunista, il rivale numero uno del petroliere, un uomo di fede (si fa per dire) schierato contro un uomo del tutto materialista e avido.


La pellicola è un inno alla speculazione: specula Daniel pagando meno di quello che dovrebbe gli appezzamenti di terra, intortando i contadini con promesse di progresso e ricchezza, facendo sognare agli ignoranti la cultura per i figli, ai poveri caterve di denaro; specula il predicatore facendo breccia sulla buona fede della gente, pur di poter avere anche lui una fetta della torta e arricchirsi; Specula chiunque abbia a che fare con l’oro nero e pure chi non ha niente a che fare: un esempio è un uomo che si finge fratello di Plainview pur di entrare nella partita.
Concludendo: meritatissimi, a mio modo di vedere, sarebbero gli oscar per la miglior fotografia (Robert Elswit – direttore della fotografia anche di Syriana e Magnolia) e la miglior scenografia, che in certi momenti lascia senza fiato (uno su tutti quando brucia il pozzo di petrolio) e che è sporca quanto la storia a cui deve dare sfondo, quello per il miglior sonoro (firmata Johnny Greenwood), che aggiunge al film tensione a tensione e quello come miglior attore protagonista a Danny Day-Lewis (L’ultimo dei Mohicani e Gangs Of New York), capace come pochi di sorreggere un film, di più di due ore, praticamente tutto da solo, spesso solo con una grande mimica facciale.
Il petroliere è un affresco degli inizi del secolo scorso, un film non fatto per essere guardato, ma per essere vissuto, una pellicola lenta e grezza, che come il petrolio va raffinata, in questo caso mentalmente, per poterne apprezzare la qualità. Forse non è un film che merita il premio oscar (forse un pò deludente il finale), perché troppo distante dalla nostra realtà per essere totalmente compreso nella sua bellezza, ma sicuramente è un film da guardare con attenzione e rendere proprio.

7 commenti su “Recensione: Il petroliere – Un film da vivere più che da guardare”

  1. Gran bel film, Daniel Day Lewis a mio avviso è un grande attore, la storia è pesante, difficile da comprendere per chi non vive in un continente chiamato America!

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  2. L’ho visto ieri: secondo me bellissimo, soprattutto per la fotografia e il sonoro (in pratica non esiste colonna sonora), e per la recitazione di Daniel, grandioso.
    Poi se ci metti che Anderson è il mio registra preferito beh…

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