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Recensione: Bratz

Sasha, Jade, Yasmin e Cloe sono quattro inseparabili amiche o almeno così pare, fino a quando, arrivate alle superiori, come tutti gli adolescenti della loro età, decidono di omologarsi ai diversi gruppi, che formano la popolazione scolastica, creati dalla perfda Meredith (Chelsea Staub), la figlia del preside: Sasha (Logan Browning) entra a far parte delle Cheerleader, Jade (Janel Parrish) nel gruppo dei secchioni (seppur sia anche una patita della moda), Cloe (Skyler Shaye) nella squadra di calcio e Yasmine (Nathalia Ramos) nel coro, anche se non canta perché ha la paura del palcoscenico.
La loro amicizia si logorerà a tal punto che per due anni non parleranno, fino a quando un avvenimento particolare le riavvicinerà e rinsalderà il loro rapporto. Con delle vere amiche tutto è possibile!


Bratz, il film palesemente creato come trovata pubblicitaria per mantenere le bambole più famose del mondo (insieme alla Barbie) sempre sulla cresta dell’onda, non è altro che un megaspot, povero di contenuti e di creatività, con idee pure interessanti da trattare, anche se già viste, ma buttate via con banalità e superficialità (i continui litigi dei genitori di Sasha; la crisi economica della mamma di Cloe; il problema di sordità di Dylan, l’apprendista DJ, poteva essere un punto a favore del film, se avesse espresso maggiori emozioni, con frasi dal contenuto più ricco di quello espresso, pari a zero e se non avesse denotato manca di cura nel particolare, come quando il professore di musica parla con lui senza guardarlo in faccia e lui risponde).
A favore di un film, che in ogni momento in cui sembra riprendersi riesce a dar sfoggio della sua vacuità (il lancio del cibo stile battaglia tra le diverse fazioni, le battute fastidiose della sorella di Meredith, la stereotipata figlia del preside, odiosa quanto inutile), c’è solo il guardaroba delle quattro ragazzine, fashion, personalizzato e ricercato e questo è forse l’unico aspetto che interessava ai creatori del film.
Nemmeno la presenza, per altro inutile, secondaria e di poco rilievo, di Jon Voight e Lainie Kazan, riescono a dare un tocco di qualità alla storia, che appare il remake di commedie giovanili anni novanta, con l’aggiornamento del materiale tecnologico (webcam, videofonini), dimenticandosi di rinnovare, invece, i contenuti.
Concludendo: il film diretto da Sean McNamara, appare più un videoclip promozionale (colonna sonora continua formata da canzoni che ammiccano chiaramente al pubblico giovane, nessuna ricerca stilistica, se non montaggi da filmati musicali), che un film che vuole trasmettere dei valori (quello della famiglia e quello dell’amicizia, sono resi poco credibili, a tratti grotteschi). Candidato a 5 Razzie Awards e non c’è da sorprendersi!

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