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Recensione: Un bacio romantico

Un bacio romantico è un viaggio interiore della protagonista, statico, lento e oscuro, affascinante nel suo divenire, pesantemente ancorato al passato.
Elizabeth (una discreta Norah Jones) è una ragazza appena uscita da una relazione difficile, che l’ha svuotata completamente. Parlandone con Jeremy (Jude Law), il gestore di un bar, capisce che deve riuscire a ritrovare se stessa, conscia del fatto che è troppo legata al suo passato. L’obiettivo è quello di girare gli Stati Uniti, lavorando per comprarsi una automobile.
Lungo il suo percorso, che dura un anno, la ragazza lavorerà in locali e club, conoscendo gente nuova con storie del proprio vissuto tutte da ascoltare per farne tesoro. Dialogo dopo dialogo, la ragazza arriverà alla conclusione, che ciò che deve cambiare della sua vita per riappropriarsene non è il luogo o le conoscenze, ma il suo punto di vista.


Un bacio romantico, primo film americano del bravissimo Wong Kar Wai (In the Mood for Love, 2046), è un bel film che descrive la volontà maniacale di non perdere nemmeno un attimo della propria esistenza (Jeremy si riguarda i filmati video della telecamera di sorveglianza per vivere ogni scena di un istante), che si trasforma nella maggior causa di immobilismo nei confronti della vita.
La pellicola è fatta di ricordi e speranze legati agli oggetti (le chiavi di Jeremy, le medagliette del poliziotto alcolista, le fish della giocatrice di Poker, la torta al mirtillo di Elizabeth; l’automobile, che simboleggia la possibilità di muoversi, la libertà, è l’obiettivo primario di Elizabeth, le cartoline che la ragazza spedisce a Jeremy sono il carburante che fa andare avanti la vita del barista) rappresentati tecnicamente attraverso rallenty, una luce soffice e avvolgente, le riprese dei colori della notte, i molteplici punti di vista, una narrazione compassata, i cartelli che suddividono il film in diverse tappe del viaggio della protagonista, che indicano non solo il giorno e il luogo, ma anche la distanza da New York (che anche se distante la vita di Elizabeth è ancora legata al luogo di origine).
Concludendo: attraverso uno stile fin troppo ricercato e uno schema a volte ripetitivo (conoscenza, dialogo, esibizione dell’oggetto che ricorda il passato, conclusione), Wong Kar Wai raggiunge il pubblico e come fosse una seduta dallo psicanalista lo mette di fronte alla vita: il film insegna ad ascoltare se stessi utilizzando le storie che ci vengono raccontate per giudicare meglio la nostra condotta, a vedere gli oggetti per quel che sono, ovvero oggetti, che possono ricordare il passato, ma non legarci, che possono descrivere chi eravamo, ma non chi siamo.
Consigliato a tutti coloro che hanno voglia di percorrere insieme alla protagonista la strada dell’introspezione interiore. Il titolo, potrebbe farvi pensare alla classica commedia romantica, semplice e dal lieto fine simpatico e smielato (in effetti il titolo originale My Blueberry nights non aveva niente a che fare con il bacio del finale del film che ha dato il titolo alla versione italiana), ma non fatevi ingannare: questo film è molto di più.

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