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Il Senso della Vita

Ci sono cose grosse in ballo, domande di una certa importanza. La mia settimana si chiude solitamente in “fade out”, e la serata della domenica scivola stancamente in bocca al vorace lunedi mattina, senza troppi pensieri.

Il Senso della Vita, condotto dall’intramontabile Paolo Bonolis ci offre delle storie in seconda serata, che sono storie da seconda serata.

Nel 1959 Giò Stajano, artista, giornalista e scrittore dichiara, per primo in Italia, di essere omosessuale. Scrive un libro intitolato Roma Capovolta alla ricerca interiore di ribellione e di protesta contro l’oscurantismo, e alla ricerca esteriore di scandalo e di successo.


Inizia la caccia alle streghe, il giornalista viene minacciato, il libro viene bruciato, Giò finisce nei guai, ed è solo l’inizio della sua rocambolesca vita, vissuta nel senso più emotivamente intenso del termine.

Mentre Bonolis intervista Sorella Gioacchina, come adesso Giò si fa chiamare dato che ha cambiato genere grazie alla chirurgia, si tende a mantenere l’attenzione su di lei, e le battute di Paolo sono, come dire, decorative. Penso che questo rispetto per la delicatezza del tema sia molto gradevole, e le risate si inseriscono nei momenti adeguati.

Il passaggio di Giò avviene nel 1981, dopo una forte crisi spirituale, in cui lo scrittore riferisce di essersi sentito profondamente tradito da Dio, che ha inserito un’anima femminile in un corpo maschile. Ed ecco che cambia, scalpitante e incontrollato, il senso della sua vita.

Il secondo ospite, quello a cui viene dedicata la fetta temporale più grande della trasmissione è il gruppo dei Pooh. Questa è sicuramente la sezione più leggera, i Pooh aprono il loro intervento cantando Uomini Soli, e inizia così un’intervista fotografica, che mostra la densità della loro musica leggera, sensibilmente gravata dal peso degli anni, ma sempre estremamente emozionante.

E’ giunto quindi il momento di un affresco di immagini e di suoni, che racontano di storie passate, di antichi vigori, della tortuosa strada che li ha portati fin qui, oggi. Anche quando parlano, i Pooh vanno a tempo: si alternano in modo armonioso nei racconti, intervengono all’unisono quando si tratta di aneddoti vissuti insieme.

Si scorge la punta di un iceberg, enorme, fatto di storie, che rendono l’immagine omogenea e allo stesso tempo variopinta, l’aneddoto è il mattone che contribuisce alla costruzione dell’intero edificio, e mentre si ascolta si è trasportati dalla parole dei narratori.

Filtrano valori importanti, che rivalutano alcuni aspetti delle persone e del mondo guardandoli da lontano, in una visione olistica, e non un’ottica bipolare. Paolo li ascolta, scherza con loro. Gradevole l’atmosfera informale e colloquiale, la storia che racconta la storia, partendo dai personaggi, passando per la musica, giungendo poi alla vita.

Tanta pubblicità, non riesco ad abituarmi. I toni si alleggeriscono ulteriormente con l’arrivo di Luca Laurenti, e sono frizzi e lazzi di qualità. Trovo piacevole, dopo aver visto Bonolis in versione leggera/istrionica, vedere l’ironia trasposta pari pari dal centro all’esterno, per divenire una cornice, per fare umilmente spazio alle storie raccontate.

Il terzo ospite è Massimo Fini, giornalista, accompagnato dal suo ultimo libro, Ragazzo, un libro che parla di vecchiaia. E vecchiaia sia, da una prospettiva inizialmente storica per finire nel turbine delle potenzialmente infinite considerazioni personali e personalizzate sull’argomento.

Fini offre un’analisi matura di vecchiaia e gioventù, e riesce, nel corso dell’intervista, a mutare stendere un Velo di Maya sul concetto di vecchiaia, facendocelo scorgere come semplice “tempo che passa.”

Concordo pienamente con la grande – e forse non troppo utile – della diffusione dell’evitamento nell’affrontare la vecchiaia e la morte. La vita è un inseguimento di sogni, e quando finiscono i sogni, finisce la vita.

Le storie, raccontate in modo schietto, sono a bagnate da risate italiane, Paolo crea l’amalgama tra il pubblico e la trasmissione (non sempre il pubblico fa parte senza partecipare direttamente) e modera allo stesso tempo, si sta tutti insieme e l’informazione passa in modo fruibile.

Sono felicissimo dell’assenza di un televoto: ho una sorta di mania di persecuzione che riguarda il televoto e i giochi in cui questo viene impiegato; mi sento sempre nell’urgenza di capire qual è il numero giusto da comporre, e questo per fortuna qui non accade. Qui niente. Qui si ascolta, e la tanto ricercata interazione non è tra noi e la TV ma tra noi e le nostre stesse riflessioni, i nostri ricordi, in una sorta di “ascolto partecipante”.

Non si scopre il senso della vita, ma decisamente si cerca di discuterne in modo più che gradevole.

3 commenti su “Il Senso della Vita”

  1. Secondo me questo è il programma più penoso, ipocrita e puritano della televisione!!! ma ben si adatta all’ipocrisia dell’italiano medio, quindi farà semprer ascolti

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  2. Caro Giulio,è ‘ molto interessante e stimolante il tuo punto di vista, e in particolare sono curioso di conoscere episodi o aspetti a cui fai riferimento per definire la trasmissione come “ipocrita” e addirittura “puritana”, che sono due parole con un significato estremamente preciso e fortemente connotate.
    Ti chiedo questo a scopo conoscitivo e di scambio, e chiunque abbia un’opinione in merito la esprima.
    Un salutone e grazie di aver lasciato il commento
    Enrico

    p.s. quest’approccio ai commenti secondo me è estremamente costruttivo, il commento diventa spunto per riflessioni che vanno oltre la semplice approvazione/disapprovazione del programma, quindi lo favorisco e lo ritengo massimamente stimolante

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