20 anni di cinema teatro e tv: intervista a Domenico Fortunato-esclusiva Cinetivù

 Questa settimana Cinetivù ha incontrato Domenico Fortunato, attore a tutto tondo che il pubblico televisivo ha avuto modo di seguire di recente su Raiuno nella fiction Il bene e il male nel ruolo di Sandro. Alle spalle una lunga carriera iniziata oltre oceano e tanto amore per il proprio mestiere, vi proponiamo una chiacchierata dove abbiamo provato a “carpire” i segreti della buona recitazione, da un grande professionista come lui.

Domenico Fortunato attore poliedrico che ama spaziare tra cinema, teatro e fiction televisive: quale di questi tre grandi generi artistici apprezzi di più e perché?

Li amo tutti e tre ed essendo un passionale mi butto in ogni nuova avventura televisiva, cinematografica o teatrale, come in questo ultimo periodo con passione totale. Se non lo vivi con passione questo lavoro non puoi farlo oggi… Il teatro è sicuramente molto faticoso, ma l’impegno sui set cinematografici e televisivi non è da meno, se viene affrontato con serietà e professionalità.

Cannes: doppietta italiana, Gomorra e Il divo, ma la Palma d’oro è francese

Giornata di premiazioni al sessantunesimo Festival di Cannes e meglio di così per noi italiani non poteva andare: Gran premio della giuria a Gomorra di Matteo Garrone e premio della giuria a Il Divo di Paolo Sorrentino.

Andiamo con ordine: la giornata inizia con la consapevolezza di premi paralleli dati a Marco Tullio Giordana per Sangue Pazzo e il premio di Arcobaleno Latino, riconoscimento nato da un’idea di Gillo Pontecorvo (consegnato dalla vedova del regista) a Gomorra. Non sarà la Palma d’Oro, ma un premio è sempre un premio.

La serata si apre con due certezze, ovvero che Garrone e Sorrentino sono entrati nel palmares del Festival e che un italiano ha già vinto qualcosa a Cannes: il milanese Attilio Azzola, con il suo Diari, trionfa nella sezione Ecrans Junior riservata a lungometraggi internazionali dedicati al cinema giovani.

Sul Doppiaggio – 8 – La prima regolamentazione

Giannuzzi tiene certamente conto della forte domanda di doppiaggio, che non può essere soddisfatta dalla solo CDC, ma le motivazioni non sono solo di ordine pratico e di mero calcolo imprenditoriale; la ODI, secondo i suoi intendimenti, deve ridare smalto al doppiaggio appesantito dalla presenza delle solite voci logorate dal tempo e appannato da un perfezionismo tecnico assurto a freddo mestiere.

I primi problemi che si trova ad affrontare sono prendere il mercato alla CDC facendo cambiare idea alle majors, quasi impossibile, e trovare voci. Per quest’ultimo, Giannuzzi ricorre alle voci di teatro ancora poco conosciute imponendo come principi fondamentali l’adesione perfetta fra voce e volte e l’alternanza dei doppiatori nel doppiare un attore.

Tra le due società nasce una concorrenza reale anche perché fondamentalmente gli ambiti in cui operano sono complementari. Le case di produzione, che tengono ad un eventuale positivo sodalizio tra il doppiato e il doppiatore, si servono della CDC, che non fa nulla per diversificare, mimetizzare e rinnovare le sue splendide voci dalla cui costante presenza trae la sua forza di mercato; quelle che non hanno, invece, una simile esigenza o addirittura temono la loro identificabilità si servono della ODI che, al contrario, cerca la non riconoscibilità delle sue.