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Recensione: Quando tutto cambia

April Epner (Helen Hunt), sembra condurre una vita perfetta e felice: è sposata, lavora come insegnante d’asilo e ha un marito, Ben (Matthew Broderick), che l’adora. Sembra, perché in realtà la sua vita ha delle pieghe neanche troppo nascoste: ha trentanove anni, non riesce ad avere figli e Ben è troppo mammone per sopportare l’impegno del matrimonio.
La situazione precipita tutto d’un tratto, quando suo marito la lascia, le muore la madre adottiva e le si presenta alla porta la madre naturale che non ha mai conosciuto, Bernice Graves (Bette Midler), una conduttrice di talk show della televisione locale.
Nel corso del film April deve scegliere il proprio futuro, capire chi è e cosa vuole realmente dalla vita e se lasciarsi alle spalle il proprio passato per vivere un futuro con la madre ritrovata e Frank (Colin Firth), un uomo divorziato e i suoi due piccoli figli che possono farle provare la felicità di essere mamma.


Quando tutto cambia, traduzione libera (scelta per far ricordare al pubblico Qualcosa è cambiato, che ha lanciato la Hunt come attrice di successo) del titolo Then She Found Me, è un film tratto dall’omonimo romanzo di Elinor Lipman, né carne né pesce, un po’ commedia brillante, un po’ drammatico strappalacrime, che segna l’esordio alla regia di Helen Hunt.
Il film, dal soggetto abbastanza anonimo (l’intreccio fra storia d’amore e costruzione di un legame famigliare), dovrebbe giocare sulla bravura della stessa regista, protagonista del film e sugli ottimi attori che la circondano, ma alla fine, la non scelta fra il registro brillante e quello drammatico, e l’accentramento dell’attenzione sul personaggio di April, che toglie spessore agli altri personaggi, rovinano il risultato del prodotto.
Intendiamoci, Quando tutto cambia non è brutto o mal realizzato, ma è troppo spezzato e questo danneggia sia le parti brillanti, con Bette Midler che dà il suo meglio, sia le parti drammatiche, che perdono di credibilità e che nemmeno la confusione mentale della protagonista riesce a giustificare.
Quello che lascia perplessi è il continuo cambiamento di comportamento di April nei confronti della madre naturale (che prima è valutata come la persona peggiore del mondo, nonché bugiarda cronica, poi la miglior persona sulla Terra) o nei confronti di Frank (un uomo che è rimasto bambino, prima odiato, poi insuperabile amante, poi tralasciato) o ancora in quelli di Ben (prima amore a prima vista, poi tradibile, poi imperdibile compagno di vita).
Concludendo: Quando tutto cambia, vincitore del Rogue Award all’Ashland Independent Film Festival e dell’Audience Award al Palm Springs International Film Festival, ha una storia banale, che viene raccontata linearmente, ma a singhiozzo e tutto ciò rende difficile al pubblico empatizzare con i personaggi. Certo, ogni individuo ha una personalità unica e complessa, ma se in cento minuti di film, si muta ogni tre per due l’idea su un personaggio, questo non diventa per forza un essere complesso, che affascina, ma più facilmente indice di confusione nella realizzazione del film.

1 commento su “Recensione: Quando tutto cambia”

  1. Speravo in qualcosa di meglio…1 ora e 40 dove si vede una donna con problemi relazionali ed isteria. Helen Hunt è brava come attrice, come regista è ancora troppo acerba.

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