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Recensione: Juno

Juno (Ellen Page) è una teenager, amante di musica Rock anni settanta/ottanta e della sua chitarra, che un giorno decide di fare il grande passo con il suo fidanzatino Bleeker (Michael Cera) e perdere la sua verginità. Purtroppo per la piccola sedicenne dalla battuta pronta e una insospettabile maturità, al primo rapporto rimane incinta.
Decisa ad abortire, cambia idea e decide di concepire il bimbo per darlo in adozione a qualche persona che lo desidera realmente (come “una donna con l’ovaia fottuta o una coppia di lesbiche”) e magari essere fatta santa per la sua generosità. Con l’aiuto della sua amica Leah (Olivia Thirlby) e l’appoggio degli sbigottiti genitori, il padre manutentore di caldaie Mac (J.K. Simmons), e la matrigna Bren (Allison Janney) estetista, Juno cerca di concepire il figlio con tutte le attenzioni del caso per darlo ad una coppia ricca e felice (Mark e Vanessa Loring, che non si riveleranno così uniti) e tornare a vivere la sua adolescenza.
Juno, il film diretto dal trentenne regista canadese, Jason Reitman, conosciuto per Thank You For Smoking e già candidato agli Oscar per la miglior regia nonostante la sua giovane età, è un film crudo su una sempre più presente realtà, quella delle teenager incinta.


Mentre però qualcuno avrebbe raccontato la storia rendendo il tutto strappalacrime, Reitman sceglie di descriverla con sobrietà e quel pizzico di cinismo e sfrontatezza che appartiene ai giovani d’oggi, riuscendo ad essere credibile senza enfatizzare il loro lato più frivolo o forzare (come fa Federico Moccia) i dialoghi per inserire necessariamente gerghi giovanilistici.
La trasposizione del racconto di Diablo Cody, premio Oscar per la miglior sceneggiatura, è perfetta nella sua realizzazione, perché riesce come pochi a risultare talmente credibile, che i personaggi descritti potrebbero assomigliare ai nostri vicini di casa. Il montaggio, con le scene a fumetto dei titoli, le scritte delle stagioni a matita, che scandiscono la gravidanza e la durata del film, alcuni inserti, come la descrizione della ragazza strana che ogni atleta si vorrebbe fare, supportano perfettamente il soggetto del film.
Ciò che ho detto riguardo la credibilità dei personaggi è veramente possibile riscontrarla in tutti i componenti del film, grazie alla caratterizzazione quasi maniacale creata dal regista: non solo possiamo avere numerose notizie dai racconti di Juno, ma anche visivamente c’è una ricerca del particolare continuo, come i diversi arredamenti delle stanze, la quantità immane di foto, la descrizione degli hobby, dei lavori, delle ansie e dei pensieri di tutti i soggetti in gioco.
Sarà anche per questo motivo, oltre che per l’ottima interpretazione del ruolo di protagonista, che Ellen Page, a soli 20 anni è stata candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista.
Concludendo: è difficile trovare un difetto ad un film, che riesce a trattare un tema così delicato con una intelligenza simile, che per più di novanta minuti ha una storia comune da raccontare e che invoglia il pubblico ad ascoltarla, che ha così tanta attenzione per il particolare e che usa il montaggio per abbellire la narrazione e non per tenerla a galla. Consigliato a tutti, soprattutto a coloro che si chiedono perché la critica affonda Moccia e premia per ben 38 volte film del genere.

4 commenti su “Recensione: Juno”

  1. Gran bel film, veramente carino e fresco. Nulla a che fare con lo stile giovanile Mocciano( stile per modo di dire, nemmeno lo si può definire uno scrittore nè regista).

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