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Cartoni animati story – 18 – Ti voglio bene Denver

Oh Mamma Saura!“. Quanti di voi hanno sentito questa esclamazione in televisione, guardando i cartoni animati?

Ebbene, oggi Cartoni animati story vi racconterà la storia del dinosauro più amato dai bambini di fine anni ottanta: sto ovviamente parlando di Denver, il dinosauro rockettaro, amante dello skateboard protagonista di Ti voglio bene Denver.

Denver, the Last Dinosaur (nome originale) è una serie televisiva americana, composta da due stagioni e 52 episodi (13+39) di 22 minuti l’uno, prodotta nel 1988 dalla Word Events Productions (regia di Tom Burton) ed arrivata in Italia, su Italia1 l’anno dopo, dove è stata trasmessa più di una volta in replica (dal 2006 è stata proposta anche da Boing), dato l’enorme successo raggiunto.


La trama: un gruppo di ragazzi californiani, Wally, Mario, Talpa, Casey e Jeremy fanno visita al museo preistorico della loro città. La storia, però, non è esattamente la loro prima passione (ad esclusione di Jeremy). Infatti dopo poco, annoiati, decidono di divertirsi saltando un dirupo con biciclette e skate. In quel dirupo si trova un uovo gigante che, appena rotto, fa uscire il cucciolo di dinosauro Denver. Decisi a tenersi il verde, affettuoso ed enorme animale, capace non solo di parlare, ma anche di andare in skate, i ragazzi trasportano Denver fino a casa di uno di loro e, con l’aiuto di Margot, la sorella maggiore di Wally, lo nascondono dalle grinfie da Morton Fizzback, un uomo viscido e senza scrupoli, che vuole fare del sauro un’attrazione nei suoi concerti e diventare ricco.

Che cosa ricordare di Ti voglio bene Denver, oltre al suo tormentone, di cui abbiamo già detto all’inizio? Sicuramente l’attenta caratterizzazione dei suoi personaggi, che si distinguevano per motivi differenti, chi per l’intelligenza (Jeremy), chi per la sua sensibilità (Wally), chi per il suo essere eccentrico (Talpa) e chi per l’ingenuità di fondo (Denver); i frequenti incontri/scontri, non solo con il perfido Morton, ma anche con i bulletti della zona; le acrobazie che la banda faceva con skate e biciclette; la riconoscibilissima voce di Graziano Galofaro, doppiatore di Denver; l’amore di Casey nei confronti di Mario; l’omonima sigla cantata da Cristina D’Avena; l’uovo da cui è uscito il protagonista, che a prima vista sembrava più un UFO che altro; le performance rock di Denver, con tanto di chitarra e occhiali da sole; il vestiario alternativo (per l’epoca) dei protagonisti fatto di camicie e pantaloncini Hawaiani.

Concludendo: Denver poteva essere detestabile per i suoi continui lamenti e la sua ingenuità, ma il cartone animato ha avuto un enorme seguito a causa della semplicità e della freschezza delle storie, composte da un gruppo di protagonisti ben delineati, con cui empatizzare e uno di antagonisti stupidi e cattivi sempre perdenti. E poi, diciamoci la verità? Chi di noi non ha mai desiderato di avere un dinosauro per amico?

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