Il 1981 fu un anno alquanto complicato per Bruce Springsteen che si trovò a un bivio esistenziale, combattuto tra l’enorme successo del singolo “Hungry Heart” e del trionfale tour di The River, e un profondo senso di solitudine e colpa. Con il successivo album in programma, tutti si aspettavano la consacrazione a rockstar mondiale, ma Springsteen era in crisi.

Emergono nuovi retroscena per il film su Bruce Springsteen
Sentiva di essersi allontanato dalla comunità della sua giovinezza, tema centrale della sua arte, e questo gli generava un forte conflitto interiore e un “senso di colpa”. Come raccontato nel libro di Warren Zanes, Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska, il cantautore era felice solo sul palco, mentre il resto della sua vita era dominato da oscurità e dai fantasmi del passato, in particolare il rapporto complesso e difficile con il padre Douglas, un uomo taciturno, alcolizzato e afflitto dalla depressione.
Per affrontare queste ombre, il Boss si isolò a Colts Neck, New Jersey, armato soltanto di una chitarra acustica e un registratore a quattro piste su cassetta. In quella camera da letto realizzò Nebraska, pubblicato nel settembre 1982 e tuttora considerato da molti il suo capolavoro, un disco minimalista e intensamente poetico. Questa crisi e il processo creativo dell’album sono al centro del film “Springsteen. Liberami dal nulla” di Scott Cooper (in uscita il 23 ottobre), con Jeremy Allen White nel ruolo del Boss.
La pellicola inizia con una scena in bianco e nero che evoca l’infanzia difficile di Springsteen, per poi spostarsi sul trionfo del palco del 1981. Il film si concentra poi sul dramma interiore di Springsteen a Colts Neck. Le canzoni vengono sussurrate, registrate in forma scarna e raccolte in una cassetta consegnata al suo manager, Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong).
I successivi tentativi in studio con la E Street Band di dare un suono pieno ai brani falliscono: la band non riesce a ricreare l’immaginario evocato nella demo. Dopo discussioni e crisi di coscienza, Springsteen prende una decisione radicale: pubblicare la demo registrata su cassetta, grezza e senza singoli promozionali, tra l’incredulità dei suoi collaboratori. Nebraska si rivelò una vera e propria rivoluzione per la musica. Tematicamente, l’album è un’esplorazione del lato oscuro dell’America, reazione all’emergente ottimismo reaganiano.
Springsteen dà voce a personaggi ai margini della società che lottano e falliscono nel raggiungere il sogno americano. Il film di Cooper, pur con qualche piccola concessione hollywoodiana, come una storia d’amore secondaria e una versione ‘facile’ di “Born in the U.S.A.”, funziona perché si concentra sull’intimità della crisi e sull’atto di ribellione artistica.
Jeremy Allen White interpreta un Boss tormentato e non agiografico, che ha dovuto usare quelle canzoni come anticipazione di una vera psicoterapia. Il merito maggiore del film è quello di mostrare che, da una profonda crisi personale, può sempre nascere una rinascita artistica.