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Parla con me, su Raitre con Serena Dandini e la sua banda arrivano il Trio Medusa e la fiction Lost In WC

 Da oggi la seconda serata di Raitre sarà nuovamente occupata, dal lunedì al venerdì, da Parla con me, il programma condotto da Serena Dandini, che propone ogni giorno interviste ai personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e della musica, e del buon intrattenimento comico e musicale.

Sono tante le novità della nuova stagione: ogni settimana ci sarà un gruppo differente a fare da colonna sonora al programma (si inizia con Elio e le storie tese); andrà in onda la fiction – reality Lost in WC con Federica Cifola e Paola Minaccioni ragazze meridionali (forse pugliesi) che si perdono in un bagno di lusso di un edificio mai nominato (che si riconosce essere Palazzo Grazioli); il Trio Medusa tenterà di aiutare il Tg1 a dare le notizie.

Tra le conferme troviamo: le domande scomode di Dario Vergassola, le imitazioni di Max Paiella (Maurizio Belpietro e la new entry Paolo Crepet), le interviste al citofono di Andrea Rivera (“Voglio iniziare da L’Acquila per vedere se ci sono i citofoni”), i monologhi di Ascanio Celestini, le pungenti riflessioni di Zoro, le incursioni di Neri Marcorè e Caterina Guzzanti.

Serena Dandini, durante la conferenza stampa, dice:

Ci sentiamo un po’ intimiditi, passati al setaccio, una situazione così astiosa della politica sulla televisione, non l’avevo mai vista prima. Squadra vincente non si cambia, siamo come una grande factory Non abbiamo il bavaglio ma censura è anche non farti lavorare serenamente grazie alla terza Rete e a Paolo Ruffini viviamo in un’oasi felice. Facciamo il nostro lavoro di autori come abbiamo sempre fatto: tutto oggi è gossip, è questa la nuova realtà socio-culturale di cui dobbiamo prendere conoscenza.

Dice Paolo Ruffini, direttore di Raitre:

La ricchezza di un Paese si misura sulla pluralità di idee. In questo sta la nostra essenza, l’essere servizio pubblico. Poi i programmi possono anche non piacere, però questo e altri gruppi di lavoro, come quelli di Santoro, Floris e Gabanelli, sono la ricchezza della Rai. Noi esercitiamo il diritto-dovere di critica, e ovviamente lo accettiamo dagli altri. Quello che non ci piace è spegnere le idee.

Se non volete perdervi nemmeno un ospite del programma (questa settimana sono previsti Umberto Ambrosoli, Michele Placido e Quentin Tarantino che annuncerà Kill Bill 3) ricordatevi che Parla con me va in onda dalle 23.00 a mezzanotte, dal martedì al venerdì su Raitre.

28 commenti su “Parla con me, su Raitre con Serena Dandini e la sua banda arrivano il Trio Medusa e la fiction Lost In WC”

  1. Ho visto la puntato di Parla con Me, di questa sera martedì 6 Ottobre 2009, in cui era ospite il prof. Odifreddi. Tutto il colloquio su Galileo, sul sistema copernicano e tolemaico l’ho trovato di una superficialità e incompetenza rara anche in una trasmissione televisiva. Non conosco quali conoscenze abbia Odifreddi della meccanica classica e relativistica, certamente mi ha dato l’impressione di essere molto lontano da una visione scientifica del problema, ma ha mostrato soltanto molta presunzione associata ai luoghi comuni sull’argomento. Non commento quanto detto dalla Dandini, perché si è adeguata, in qualche caso ha anche favorito, la superficialità della conversazione.
    E’ perlomeno ingenuo affermare la validità del sistema eliocentrico in modo così perentorio e assolutistico, questo è sinonimo di incompetenza. A questo fine invio un mio scritto su questa questione.
    Mauro Fabrizio
    Ordinario di Meccanica Razionale
    Università di Bologna

    Se esaminiamo la disputa fra Galileo e gli inquisitori solo sul piano scientifico, è possibile provare la debolezza del punto di vista di Galileo sia per i contenuti fisici addotti e sia per la visione epistemologica che concepiva la fisica come la scienza che poteva cogliere l’essenza della Verità.
    A tal fine bisogna partire dall’osservazione che le motivazioni che hanno portato al caso Galileo sono da trovare nella richiesta di quest’ultimo che la Chiesa dovesse ammettere, che riguardo al moto del Sole, la sacre scritture contenevano
    “….molte proposizioni le quali, quanto al nudo senso delle parole, hanno aspetto diverso dal vero per cui era necessario che i saggi espositori produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari per che siano sotto cotali parole stati profferiti. Stante, dunque, che la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute naturali ella doverebbe esser riserbata nell’ultimo luogo
    …… ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero assoluto
    ……che le Scritture, ben che dettate dallo Spirito Santo, per l’addotte cagioni ammetton in molti luoghi esposizioni lontane dal suono litterale
    ….. o bisogna alterar il senso delle parole, e dire che quando la Scrittura dice che Iddio fermò il Sole, voleva dire che fermò ‘l primo mobile, ma che, per accomodarsi alla capacità di quei che sono a fatica idonei a intender il nascere e ‘l tramontar del Sole, ella dicesse al contrario di quel che avrebbe detto parlando a uomini sensati.”
    Mi sono limitato a riportare solo le frasi più significative della lettera a Benedetto Castelli, ma espressioni analoghe, possiamo trovare nelle lettere a Cristina di Lorena, Piero Dini, ecc..
    E’ inutile che faccia notare l’importanza di queste affermazioni, perché proprio questa richiesta di Galileo, di ritenere necessaria una interpretazione autentica delle Sacre Scritture da parte di “saggi espositori”, creerà i presupposti del processo. Infatti la pretesa di Galileo che i passi della Bibbia, in cui si parla del moto del Sole, siano contrari alla evidenza fisica e quindi siano erronei, sarà l’origine dello scontro con l’inquisizione.
    Devo premettere al mio ragionamento che il processo a Galileo è stato per la Chiesa uno dei principali errori commessi nella sua storia. La pretesa e l’arbitrio di potere affrontare un problema di tali contenuti con autorità e presunzione peserà molto a lungo e costituirà un pregiudizio e comunque un grosso ostacolo nei rapporti fra scienze e fede con le conseguenze che tutti sappiamo bene.
    Quello che voglio provare, è l’assoluta correttezza della frasi Bibliche e della debolezza della posizione di Galileo. D’altro canto, un’analisi approfondita delle posizioni della Chiesa, rivelano sorprendentemente come gli argomenti di Bellarmino, Urbano VIII e dei gesuiti romani presentino una maggiore apertura ed elementi più corretti nei contenuti fisici e negli argomenti epistemologici rispetto a quelli di Galileo.
    Partiamo dall’osservazione che, almeno da un punto di vista cinematico, il moto o il movimento di un punto o di un corpo è un concetto relativo, nel senso che per parlare di moto occorre precisare o introdurre la nozione di osservatore rispetto al quale il moto viene riferito. In tal modo quando si parla di moto della Terra, si intende che stiamo parlando di moto della Terra rispetto al Sole, che sarà l’osservatore. Ma risulta altrettanto lecito parlare di moto del Sole rispetto all’osservatore Terra. La cosa che si può aggiungere è che nel sistema solare risulta più agevole e conveniente per la descrizione del moto dei pianeti, scegliere il riferimento solare e quindi la visione Copernicana del moto. Ma non esiste una ragione di principio per preferire una scelta rispetto all’altra. Del resto sappiamo che nell’Universo non esistono corpi che possiamo ritenere fermi gli uni rispetto agli altri e quindi non è possibile privilegiare alcun osservatore.
    Personalmente ritengo che basterebbe questa motivazione per comprendere come la richiesta da parte di Galileo di una necessaria interpretazione della Scrittura sia una pretesa ingiustificata. Però voglio da un lato comprendere anche il punto di vista di coloro che non si accontentano di una visione cinematica del problema, ma vogliono meglio comprendere il problema specifico su basi dinamiche, cioè non come semplice descrizione del moto, ma correlando il moto alle cause che lo determinano. Una obiezione a questa richiesta potrebbe essere la constatazione che Newton, fondatore della dinamica nacque un anno dopo la morte di Galileo e quindi al tempo del processo si poteva parlare solo in ambito cinematico. Ma questo forse può essere ritenuto un argomento debole.
    Per cui veniamo alla Dinamica Newtoniana, che porterà nei due secoli successivi all’affermazione del sistema Copernicano e alla consacrazione di Galileo. Infatti la meccanica newtoniana si fonda sulle 3 famose leggi. In particolare la prima afferma:
    Esiste un osservatore chiamato inerziale (o Galileiano) rispetto al quale un punto materiale non soggetto a forze assolute (cioè dovuto alla presenza di altri corpi) rimane in quiete o si muove di moto rettilineo ed uniforme.
    La seconda legge fa uso della prima, quando dice che la famosa legge del moto
    F=ma
    Forza = massa per accelerazione
    vale solo se riferita ad osservatori inerziali.
    Quindi appare evidente che in dinamica, si devono privilegiare gli osservatori inerziali, perché secondo la teoria di Newton, solo rispetto ad essi valgono le leggi del moto. Si pone quindi il problema di individuare tali osservatori. Come è noto un osservatore con origine nel centro del Sole e assi orientati verso le stelle fisse è in ottima approssimazione inerziale. La stessa cosa non possiamo dire per un osservatore solidale con la superficie terrestre. Per cui, in questo ambito, si introduce fra l’impostazione Copernicana e quella Tolemaica una chiara scelta tutta a favore della prima. Questo è, detto in breve, ciò che motiva l’affermarsi della dottrina Copernicana nei secoli XVIII e XIX.
    Già alla fine del 800’ Ernst Mach osservava la necessità di descrivere le leggi fisiche in funzione di un qualsiasi osservatore. Opponendosi alla pretesa di introdurre uno spazio assoluto che di fatto è presente nel modello Newtoniano, mediante il concetto di osservatore inerziale. Inoltre fu il primo a considerare le leggi della fisica soltanto come modelli, concepiti dall’uomo, in grado di organizzare e sistemare le osservazioni sperimentali e non come leggi in grado di esprimere e rappresentare la realtà della natura.
    Ma colui che doveva dare il colpo definitivo a questa concezione assoluta del mondo fisico e per quanto ci interessa del concetto di osservatore inerziale, fu A. Einstein mediante la teoria della Relatività Generale
    Nella sua precedente teoria sulla Relatività Ristretta, che Einstein formulò nel 1905, si proponeva una equivalenza fra tutti gli osservatori inerziali, in analogia a quanto già sostenuto nell’ambito della meccanica classica Newtoniana. Come già osservato, questo poneva i sistemi sistemi inerziali, su una posizione privilegiata. Questa situazione turbava Einstein a livello formale e per il suo desiderio di una completezza e generalità del modello teorico.
    Questa separazione fra le due classi di osservatori doveva però entrare in crisi a seguito del celebre esperimento (ideale) noto come ascensore di Einstein. Se consideriamo un osservato chiuso all’interno di un ascensore in caduta libera, quindi sottoposto al campo gravitazionale terrestre potrebbe supporre di essere in un sistema privo di gravità; infatti ogni oggetto lasciato a se stesso rimarrebbe alla stessa altezza all’interno della cabina. Questo ci porta a dire che non è possibile distinguere fra il sistema terreste (non inerziale) ed un sistema per cui vale la prima legge di Newton e quindi inerziale. Questa osservazione ha portato Einstein alla formulazione di una teoria che ponesse tutti gli osservatori sullo stesso piano e che sarà la teoria della relatività generale. Essa compie un importante passo, perché afferma non esserci motivazioni fisiche e tanto meno ragioni teoriche per privilegiare un osservatore rispetto ad un altro. Per cui verranno considerati, nell’ambito della Relatività Generale, tutti alla stessa stregua. Quindi non esiste un osservatore assoluto, ma sono tutti relativi, da cui nasce la parola relatività.
    Su questa base possiamo affermare che anche lo studio dinamico del movimento dei corpi, porta allo stesso risultato concettuale già espresso nel quadro cinematico.
    Possiamo pertanto concludere che sia la visione Tolemaica del moto del sistema solare, sia quella Copernicana risultano concettualmente equivalenti, nel senso che non vi sono ragioni legate a leggi o principi generali che privilegino un sistema rispetto all’altro. Rimane parimente vera l’affermazione di una maggiore convenienza, funzionalità o semplicità nell’uso di un sistema rispetto all’altro, in particolare del sistema Copernicano rispetto a quello Tolemaico. Ma non è possibile affermare che la “Verità” stia nel modello eliocentrico, come invece sostenuto da Galileo in diversi passi delle sue lettere.
    Non è quindi neanche vera l’affermazione più volte ripresa da Galileo, che “due verità non possono contraddirsi”. Vorrei a questo punto osservare che ogni teoria fisica non è che la creazione di un modello su basi scientifiche che vuole rappresentare i fenomeni, ma non può identificarsi con la Verità. Essendo la Fisica come scienza e per sua natura, una espessione del pensiero dell’uomo. Pertanto non è assolutamente strano che si possano realizzare due teorie fisiche in grado di rappresentare uno stesso fenomeno da due punti di vista diversi. Pensiamo a questo proposito all’interpretazione corpuscolare e ondulatoria che viene proposta nell’ambito dei fenomeni quantistici. Pertanto una teoria non può escluderne un’altra, anche se vi sono elementi che le differenziano.
    Come già osservato, questa complessa visione non doveva essere ben compresa dal Nostro. Ma proprio questo è un punto importante del dibattito fra Bellarmino, Urbano VIIII e Galileo.
    Torniamo alla prima questione, cioè alla possibilità di impostare il moto del sistema solare sia seguendo il punto di vista Copernicano e sia quello Tolemaico, o in altre parole, a ritenere esserci una equivalenza concettuale fra queste due teorie. A questo proposito Bellarmino nella lettera a padre Castelli osserva
    «Dico che mi pare che V.P. e il Sig. Galileo — si legge nella lettera — facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che abbia parlato il Copernico. Perché il dire che, supposto che la terra si muova et il sole stia fermo si salvano tutte l’apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno […].»
    In questo famoso passo, che da alcuni autori è ben compreso e valutato, mentre da altri è molto criticato, il Bellarmino mette in guardia Galileo dal ritenere ed anche formulare l’eliocentrismo come una Verità (cioè assolutamente), ma al contrario sostiene la necessità di considerarlo come una ipotesi, cioè come un punto di vista. In altre parole mi sembra di potere dire che da un lato egli comprende il valore relativo delle proposizioni scientifiche e dall’altro propone l’eliocentrismo come un possibile osservatore dal quale studiare il sistema solare e quindi il moto dei pianeti. Per cui da questa lettera risulta che la posizione di Bellarmino è al tempo stesso moderna sul piano epistemologico e corretta nei contenuti e nella trattazione fisica. In altre parole il Bellarmino non rifiuta il sistema copernicano, ma invita Galileo a studiarlo considerando il moto dei pianeti sulla base del punto di vista o dell’osservatore solare. Inoltre sempre nella lettera di Bellarmino leggiamo “Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il Sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra, ma la Terra circonda il Sole allhora bisogneria andar con molta considerazione in esplicare le scritture che paiono contrarie, e piuttosto dire che non l’intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostrazione, fin che non mi sia mostrata: né è l’istesso dimostrare che supposto che il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo; perché la prima dimostrazione credo che ci possa essere, ma della seconda ho grandissimo dubbio”. Da questo passo mi pare chiaro che Bellarmino rifiuta l’eliocentrismo come Verità assoluta, ma propone la visione empirica del fenomeno e la relatività nella scelta del punto di vista.

    Riassumendo, se da un lato non ha senso dire che la Terra è al “centro” dell’Universo, dall’altro non si può affermare che il passo del libro di Giosuè, in cui lo stesso Giosuè rivolgendosi al Signore esclama:
    “O Sole, fermati su Gabaon, e tu, Luna, sulla valle di Aialon. E il Sole si fermò e la Luna ristette, fino a che il popolo si fu vendicato dei suoi nemici”, sia una affermazione scientificamente errata, come affermato da Galileo nelle sue lettere.
    Come ho detto all’inizio la questione è nata proprio perché si è sollevato il problema della interpretazione della Scrittura. Prima dall’allora nessuno era stato colpito e perseguitato per avere espresso o aderito al sistema Copernicano. Anche Giordano Bruno, che era copernicano, non fu accusato di questo.
    Spero che sia chiaro, per quanto detto sopra, che la pretesa di Galileo della necessità da parte della Chiesa di intervenire e ritenere che l’interpretazione letterale dei testi non fosse aderente alla realtà fisica, viene a cadere completamente.

    Infine è almeno curioso ricordare come Urbano VIII, durante le udienze concesse a Galileo nel 1624, alla richiesta di pubblicare un nuovo libro (che doveva parlare delle maree e che sarà il Dialogo), concedesse a Galileo “il permesso di pubblicare la sua teoria sulle maree, purché affermasse che dei moti della Terra si parlasse soltanto come d’un’ipotesi, la cui realtà [oggettiva] non poteva essere dimostrata ne’ con esperimenti sulla Terra, ne’ con osservazioni del cielo” (da Galileo, di Stillman Drake).
    Quindi anche Urbano VIII sostiene quanto già affermato da Bellarmino, ma inoltre egli afferma l’impossibilità di una verifica sperimentale del moto assoluto della Terra. A sostegno di tale impossibilità, possiamo usare proprio l’argomento che Einstein propone con l’esperienza dell’ascensore. Infatti quell‘esperimento, esposto sopra, conferma l’incapacità da parte dello sperimentatore di distinguere fra le due possibile scelte che portano alla stessa osservazione. Cioè se stiamo cadendo con un ascensore in un campo gravitazionale terrestre, oppure stiamo viaggiando di moto rettileneo e uniforme rispetto ad un osservatore inerziale come può essere il riferimento solare. Pertanto, se non è possibile comprendere o verificare sperimentalmente la differente realtà del movimento, nello stesso modo non è possibile una verifica sperimentale che provi il moto assoluto della Terra.

    Nel caso gli argomenti da me presentati non siano stati sufficientemente convincenti, è possibile portare una ultima, a mio parere conclusiva prova. Nel 1582, come è noto, la Chiesa di Roma promulgò il famoso calendario Gregoriano. Che prevedeva la eliminazione di 10 giorni dal calendario (saranno i giorni dal 5 al 15 Ottobre del 1582). Questa riforma, che si è rivelata estremamente precisa, poteva essere realizzata soltanto se si era in possesso di misure astronomiche estremamente accurate e inquadrabili in una corretta teoria del moto del Sistema Solare. Ma il modello scelto per questa riforma fu proprio e solo il modello Tolemaico. Questa è la prova che è possibile fornire una descrizione corretta dei fenomeni relativi al nostro sistema Solare seguendo un punto di vista geocentrico ed è anche la prova che Einstein ha ragione, è possibile osservare e descrivere il moto dei corpi da qualsiasi osservatore.

    Università di Bologna

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