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Recensione: American Pie – Beta House

 

Uscirà a breve (si parla di dicembre-gennaio), ma soltanto in DVD, il sesto capitolo di American Pie, sempre più incentrato sul binomio alcool-sesso e sempre meno sulla storia.

Bastano due righe per raccontarvi tutto, ma non preoccupatevi perché, guardando quei 100 minuti di film, non presterete attenzione alla trama quanto piuttosto all’infinità di giovani ragazze nude o quasi, che riempiono dall’inizio alla fine il film.

La storia è presto detta: all’università del Michigan va in scena uno degli scontri più antichi del mondo, quello fra gli studenti scapestrati e i secchioni. Unica variante? I secchioni dominano l’intera università, hanno le ragazze più belle e non hanno intenzione di cedere il potere a nessuno. Sarà compito del clan Stifler, appartenente alle confraternita Beta House sconvolgere le stabili gerarchie universitarie.


La domanda sorge spontanea: che centra American Pie? Ebbene, se non vi basta la location giovanile e piena di feste, se non vi bastano tette e culi, vi posso dire che in questo episodio raddoppiano gli Stifler(oltre a John White, che impersona Erik, torna pure Steve Talley nella parte di Dwight), per colmare l’ormai nota mancanza dello Stifler originale. Per chi non conoscesse il personaggio appena citato consiglierei di vedersi gli altri episodi della saga perché si sa, le copie o in questo caso le coppie non valgono mai quanto l’originale. Scarso anche l’apporto di Eugene Levy, che interpreta la parte ormai storica di Noah Levenstein, non per la sua recitazione, che non cambia di una virgola rispetto al primo episodio della serie datato 1999, quanto per il poco spazio che gli è stato ritagliato.

Alla sua terza fatica da regista, Andrew Waller non delude le attese, in quanto c’è ben poco da aspettarsi dal visto, rivisto e stravisto genere demenzial-adolescenziale.

A chi lo si può consigliare dunque? La scelta è ardua, ma ci provo: consigliato a tutti i teenager che vogliono farsi facili risate, alle persone che escono stanche dal lavoro e hanno voglia di distrarsi, ai nostalgici di American Pie che, pur sapendo di non poter sperare di trovare l’originale genialità, hanno bisogno di affogare i loro problemi nel film e nel ricordo di quelli precedenti.

Concludiamo con i commenti di carattere tecnico: premesso che il film non sia stato pensato come un blockbuster o come un capolavoro di effetti speciali, ma più semplicemente come Home Movie, senza quindi una distribuzione cinematografica, non ho notato grandi sequenze a livello di regia o impegnativi lavori sulla caratterizzazione dei personaggi, tutti molto piatti e sbiaditi.

Ribadisco però che non c’era, a mio modesto parere, nemmeno l’intenzione di fare un film che rimanesse come pietra miliare del panorama del cinema mondiale. Per questo motivo non mi sento di bocciare il film, bensì i produttori dello stesso, che tentano ancora di guadagnare soldi attraverso sequel che non hanno, come in questo caso, più senso di esistere.

D.O.

4 commenti su “Recensione: American Pie – Beta House”

  1. Come i precedenti 5 non me lo posso certo perdere, anche se è vero che tra il primo e secondo episodio i successivi… non hanno quasi nulla a che vedere!

    Comunque 100 minuti di risate (spero) non me le perdo di sicuro!!!

    Ciao!

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