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Reaper – In missione per il diavolo

Cosa fareste voi, se all’improvviso venisse vostro padre, il giorno del vostro ventunesimo compleanno a dirvi che, per salvarsi la vita, ha venduto la vostra anima al diavolo? Questo è ciò che accade a Sam Oliver (Bret Harrison), un ragazzo, che ha abbandonato il college a sedici anni e che da cinque vive fra il centro commerciale in cui lavora e casa sua, davanti alla XBox, con l’amico fraterno Sock (Tyler Labine).

Cosa vuol dire, nel suo caso, aver l’anima nelle mani del Diavolo? Semplicemente scegliere se barattarla con la madre, oppure lavorare per Satana in persona (Ray Wise), come cacciatore di anime dannate, scappate dall’inferno, utilizzando un aspirapolvere infernale (uguale ad un aspirapolvere comune) e appoggiandosi al suo amico Sock.

Reaper – In missione per il diavolo è la nuova serie creata da Tara Butters e Michele Fazekas per la The CW, in onda su Fox (canale 110 di Sky) ogni Giovedì alle 21 e già venduta per la messa in onda in chiaro a Mtv.


La serie di 18 episodi, già riconfermata dal network per l’anno prossimo (altre 13 puntate) è un mix di commedia giovanile, perché racconta le esperienze di Sam con gli amici, il rapporto con la sua normalissima famiglia, la rivalità con il fratello, il preferito dei suoi genitori e quello con il suo possibile amore Andi (interpretata da Missy Peregrym) e di fantasy soprannaturale (le missioni, che deve compiere ogni puntata, hanno come antagonisti demoni e spiritelli con poteri sovrannaturali), condita con tanta ironia (l’aspirapolvere per intrappolare l’anima; la consegna dell’anima che avviene in un inferno reale, come la motorizzazione; la vita lavorativa all’interno di un blockbuster del bricolage), che diverte per i dialoghi veloci e secchi fra Sam e Sock e che piace per come sviluppa l’idea della vendita dell’anima ad un diavolo elegante, raffinato, ironico e manipolatore.

Concludendo: l’unico pericolo che può correre la serie (un po’ Supernatural , un po’ Ghostbuster, per l’aspetto dark, un po’ Samantha Chi per la comicità), che sembra confermata dalla critica d’oltreoceano, è che non riesca a mantenere la freschezza e il ritmo che lo contraddistingue, finendo per diventare ripetitivo nell’impostazione degli episodi, accartocciandosi su se stesso.

Curiosità: il primo episodio è stato diretto dal regista Kevin Smith, acclamato al Sundance Film Festival per Clerks (di cui ci sono precisi riferimenti nella caratterizzazione dei personaggi e nel tipo di legame tra i due protagonisti).

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