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Tv trash, se ne facessimo a meno?


La televisione tutta culi e tette stile Ciao Darwin si dota di un nuovo motivo per avere vergogna di se: il ritorno del reality La Pupa e il Secchione, ovvero la cultura arrendevole di fronte agli irresistibili richiami della carne a cui il personaggio di Angela Sozio, già Grande Fratello, accantonate le velleità politiche alle ultime elezioni europee, ora assurta al ruolo di giudice, dà quella giusta connotazione degna del più classico dei programmi spazzatura.

Alla luce dei buoni riscontri dell’audience i dirigenti Mediaset saranno lieti di come il pubblico italiano abbia di nuovo abboccato all’amo della mediocrità, giustificata dall’esigenza di far cassa a tutti i costi, un po’ meno felici siamo noi al punto che ci tocca condividere il punto di vista del vice ministro allo Sviluppo economico Paolo Romani, il quale non gode certo delle nostre simpatie, quando in una recente puntata di Porta a Porta incentrata proprio su certi programmi afferma: “Il reality rischia di creare danni culturali al Paese. Nel servizio pubblico si possono trovare programmi senza che si scada in alcune volgarità che ci sono nei reality. In un paese culturalmente debole, dove il 56% dei cittadini guardano solo la tv, il reality rischia di diventare un riferimento culturale pessimo”.

Non è perché il nostro programma si chiama La pupa e il secchione, che non è di qualità – protesta Paolo Bassetti, della produzione Endemol sulle pagine de Il GiornaleÈ un programma di genere; un genere che noi cerchiamo di fare al meglio. Certo, non l’avremmo mai proposto ad una tv pubblica. E infatti l’abbiamo offerto alla tv commerciale”.

Che certe trasmissioni siano prerogativa della tv priva di canone conta poco, questi prodotti stanno imbrattando come una sorta di melassa appiccicosa l’intero tessuto culturale nostrano, già cosi duramente provato da una politica che svaluta il serio a tutto vantaggio del faceto. E’ il trionfo dell’ammiccamento facile, l’evoluzione del basso istinto, sublimato da chi sa bene su quali tasti premere quando si tratta di far impennare l’audience. Gli autori televisivi, messi sotto pressione dai loro dirigenti con la scusa di voler intrattenere e far divertire, si arrogano il diritto di propagandarci qualsiasi cosa. In tutto questo si inserisce il discorso dell’immagine femminile proposta in maniera distorta e poco consona al ruolo che essa ricopre effettivamente nella realtà quotidiana.

Secondo i risultati di uno studio europeo del 2005, Woman and media in Europe, l’immagine predominante della donna italiana in tv, vede la Velina in testa, col 42,4%, seguita dalla donna Vittima o carnefice in storie di cronaca, col 42%, per arrivare alla donna Esperta di qualcosa, in campi del sapere e discipline scientifiche mai ben specificati, col 23% circa. Bisogna affidarsi alle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per riporre un po’ di fiducia nel malandato futuro televisivo:“Rifiutare un’immagine della donna che risponda a funzioni ornamentali o che venga offerta come bene di consumo, attraverso una forma di rappresentazione che offende profondamente la dignità delle donne italiane”.

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